Esattamente 23 anni dopo l’anniversario della
repressione di piazza Tienanmen, uno dei leader delle proteste, Li Wangyang, in
carcere da oltre 22 anni, è morto in circostanze misteriose. L’uomo, che era
nato a Hunan nel 1950,
reso muto e sordo dalle torture subite durante la prigionia, è stato trovato
senza vita ieri mattina in un reparto dell’ospedale di Daxiang nella città di
Shaoyang dove era ricoverato per problemi cardiaci e diabete. Il cadavere,
ritrovato penzolante da una finestra con una fascia legata attorno al collo, è
stato rinvenuto dalla sorella di Li e da suo marito. Per la polizia, che ha
portato via il corpo senza il consenso dei familiari, si tratterebbe di
suicidio, ma i parenti escludono categoricamente questa ipotesi, sospettando delle
forze dell’ordine.
Come dissidente, Li era sottoposto a stretta
sorveglianza e il suo reparto era controllato da oltre 10 poliziotti. Per il
suo ruolo nelle proteste del 1989, l’uomo fu condannato a 13 anni di reclusione
con l’accusa di aver condotto “attività controrivoluzionarie”; nel 2001 fu
rilasciato ma poco dopo venne di nuovo accusato di “incitazione alla
sovversione” e condannato ad altri 10 anni di reclusione. Pochi giorni fa Li
Wangyang aveva incontrato alcuni sostenitori. Il cognato di Li ha rilasciato alla stampa che: “L’ho visto ieri sera e non mostrava alcun segno di disperazione. Ha sempre avuto una mente lucida e un carattere forte”. Per Human Rights and Democracy in China non è escluso “che le forze dell’ordine che lo avevano in custodia lo abbiano picchiato talmente tanto da provocarne la morte e che a quel punto abbiano simulato il suicidio” .
Nessun commento:
Posta un commento