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giovedì 7 giugno 2012

Dubbi sul suicidio di un dissidente di Tienanmen

Morto in circostanze misteriose uno dei leader delle proteste, in carcere da oltre 22 anni. Ritrovato in un ospedale dove era ricoverato per problemi cardiaci e diabete.

Esattamente 23 anni dopo l’anniversario della repressione di piazza Tienanmen, uno dei leader delle proteste, Li Wangyang, in carcere da oltre 22 anni, è morto in circostanze misteriose. L’uomo, che era nato a Hunan nel 1950, reso muto e sordo dalle torture subite durante la prigionia, è stato trovato senza vita ieri mattina in un reparto dell’ospedale di Daxiang nella città di Shaoyang dove era ricoverato per problemi cardiaci e diabete. Il cadavere, ritrovato penzolante da una finestra con una fascia legata attorno al collo, è stato rinvenuto dalla sorella di Li e da suo marito. Per la polizia, che ha portato via il corpo senza il consenso dei familiari, si tratterebbe di suicidio, ma i parenti escludono categoricamente questa ipotesi, sospettando delle forze dell’ordine.
Come dissidente, Li era sottoposto a stretta sorveglianza e il suo reparto era controllato da oltre 10 poliziotti. Per il suo ruolo nelle proteste del 1989, l’uomo fu condannato a 13 anni di reclusione con l’accusa di aver condotto “attività controrivoluzionarie”; nel 2001 fu rilasciato ma poco dopo venne di nuovo accusato di “incitazione alla sovversione” e condannato ad altri 10 anni di reclusione. Pochi giorni fa Li Wangyang aveva incontrato alcuni sostenitori.
Il cognato di Li ha rilasciato alla stampa che: “L’ho visto ieri sera e non mostrava alcun segno di disperazione. Ha sempre avuto una mente lucida e un carattere forte”. Per Human Rights and Democracy in China non è escluso “che le forze dell’ordine che lo avevano in custodia lo abbiano picchiato talmente tanto da provocarne la morte e che a quel punto abbiano simulato il suicidio” .

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