La Cina ha proposto la creazione di un
mercato comune con i Paesi aderenti al Mercosur, ovvero quattro Stati
dell’America Latina: Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay. Ad annunciarlo è
stato lo scorso 26 giugno il Primo Ministro cinese Wen Jiabao che, in una videoconferenza
alla quale hanno partecipato anche il presidente argentino Christina Kirchner e
gli omologhi brasiliano e uruguaiano Dilma Roussef e José Mujica, ha spiegato che:
“Pechino dovrebbe effettuare studi di fattibilità su un eventuale accordo
commerciale. Abbiamo molti interessi in comune e un enorme potenziale". La
Cina è diventata il secondo mercato per le esportazioni delle economie del
Mercosur e nel corso dello scorso anno ha visto le sue importazioni pari ad
oltre 51 miliardi di dollari. L’obiettivo è di raddoppiare tale volume entro il
2016. Secondo la Fernandez, rafforzare i rapporti tra la Cina e il Mercosur è
"un'opportunità storica per aggiungere valore alle nostre materie prime e
creare posti di lavoro".
giovedì 28 giugno 2012
Libero scambio col Mercosur
La Cina è interessata a siglare un accordo di libero
scambio con il Mercosur. Lo ha detto il primo ministro cinese, Wen Jiabao, dopo
aver incontrato a Buenos Aires il presidente argentino, Cristina Fernandez de
Kirchner.
lunedì 25 giugno 2012
Per Cina e Brasile è tempo di swap
Importante accordo tra il Brasile e la Cina.
Fino ad oggi il dollaro regolava i commerci tra i due Paesi. Lo scetticismo nei confronti di questa moneta, unito ad una voglia di autonomia, ha portato piano piano verso un allontanamento dalla moneta statunitense. Lo swap consentirà, di fatto, di potersi staccare da questa dipendenza, e per i cinesi costituirà un passo avanti molto importante. Lo sfondo dell'accordo è il ruolo della Cina come primo partner commerciale del Brasile, con una bilancia bilaterale a favore del Paese sudamericano.
Dal punto di vista della Cina, l'intesa è un altro passo sulla via dell'uso globale del renminbi e a Pechino prevedono di stringere accordi dello stesso tipo anche con Russia, India e Sudafrica.
Il Brasile e la Cina hanno recentemente firmato un accordo per uno
swap delle valute nazionali dell'importo di 60 miliardi di reais, ossia 190
miliardi di yuan (circa 23 miliardi di euro).
Guido Mantega, ministro delle Finanze brasiliano, ha spiegato che: ”Uno swap non rappresenta altro che dei crediti
reciproci in moneta locale». Questo accordo ha però un valore molto più
profondo.Fino ad oggi il dollaro regolava i commerci tra i due Paesi. Lo scetticismo nei confronti di questa moneta, unito ad una voglia di autonomia, ha portato piano piano verso un allontanamento dalla moneta statunitense. Lo swap consentirà, di fatto, di potersi staccare da questa dipendenza, e per i cinesi costituirà un passo avanti molto importante. Lo sfondo dell'accordo è il ruolo della Cina come primo partner commerciale del Brasile, con una bilancia bilaterale a favore del Paese sudamericano.
Dal punto di vista della Cina, l'intesa è un altro passo sulla via dell'uso globale del renminbi e a Pechino prevedono di stringere accordi dello stesso tipo anche con Russia, India e Sudafrica.
venerdì 22 giugno 2012
Investimenti stranieri in Borsa più facili?
Potrebbe
essere ridotta da 5 miliardi di dollari a 500 milioni di dollari la quantità di
attivi necessaria per ottenere la qualifica di investitore estero qualificato.
Cambiamenti
in vista per gli investitori stranieri. Secondo una proposta della Commissione
cinese di regolazione (Csrc), potrebbero essere facilitate molte delle
condizioni che ad oggi sono richieste per investire nelle Borse in Cina.
Secondo
le normative vigenti, le persone fisiche straniere non hanno accesso al mercato
azionario cinese, mentre le istituzioni estere devono prima ottenere il
riconoscimento di investitore estero qualificato.
Secondo
la proposta avanzata lo scorso 20 giugno dalla Csrc, la quantità di attivi
necessaria per ottenere questa qualifica verrà abbassata dalla quota attuale di
5 miliardi di dollari a 500 milioni di dollari.
La Commissione ha previsto inoltre un’altra
novità: aumentare di un 10% la quota che le istituzioni straniere possono
detenere in società quotate cinesi, passando dal 20% al 30% (così come prevede
l'accesso al mercato interbancario obbligazionario).
giovedì 21 giugno 2012
In arrivo incentivi per le auto ecologiche
Secondo le anticipazioni fornite dallo Shanghai
Securities News e rilanciate da Automotive News, il Governo cinese dovrebbe
presto presentare un programma d'incentivi dedicati alle vetture a basse
emissioni.
Sono inoltre previste una serie di finanziamenti, con cifre che dovrebbero essere stanziate e che supereranno i 300 milioni di dollari, per le aziende impegnate nella ricerca e nella progettazione di veicoli a basso impatto ambientale.
Un'opportunità dunque che i principali costruttori mondiali non hanno intenzione di lasciarsi sfuggire. Un passaggio verso l'elettrico, che a livello mondiale non è ancora giunto a piena maturazione, ma che potrebbe quindi trovare la sua reale applicazione in Cina, creando di fatto un modello di facile imitazione per gli altri mercati.
Ridurre l'inquinamento nelle grandi metropoli. È questo l’intento
che spingerà nei prossimi mesi il Governo cinese a presentare un programma di
incentivi dedicati ai modelli ibridi ed elettrici, le cui vendite negli ultimi
periodi hanno fatto segnalare dati alquanto preoccupanti.
Il Governo cinese attuerà quindi importanti investimenti volti alla creazione delle infrastrutture necessarie, oltre a incentivi specifici per favorire la motorizzazione
di massa nelle aree rurali. Sono inoltre previste una serie di finanziamenti, con cifre che dovrebbero essere stanziate e che supereranno i 300 milioni di dollari, per le aziende impegnate nella ricerca e nella progettazione di veicoli a basso impatto ambientale.
Un'opportunità dunque che i principali costruttori mondiali non hanno intenzione di lasciarsi sfuggire. Un passaggio verso l'elettrico, che a livello mondiale non è ancora giunto a piena maturazione, ma che potrebbe quindi trovare la sua reale applicazione in Cina, creando di fatto un modello di facile imitazione per gli altri mercati.
mercoledì 20 giugno 2012
In calo i prezzi immobiliari
Nel mese di maggio i prezzi delle case sono scesi in 54
delle 70 città monitorate dal governo ciense.
Bloomberg riporta l’opinione di Peter Churchouse, di Portwood Capital: «Il mercato immobiliare cinese si sta lentamente avvicinando al fondo della sua discesa e mi aspetto di assistere a un atterraggio nell’arco dei prossimi tre-quattro mesi». A detta sua, l’impatto delle manovre delle autorità può dirsi positivo.
Di diverso avviso è invece Alistair Thornton, uno dei maggiori esperti della IHS Global Insight, "Il settore immobiliare continuerà a gravare sulla crescita economica e per la fine dell’anno sarà un ulteriore freno a questa".
L’agenzia Bloomberg, riportando i dati diffusi nella giornata del
18 giugno dall’Ufficio nazionale di Statistica, conferma che, lo scorso mese in
Cina, i prezzi delle case sono scesi in 54 delle 70 città monitorate dal
governo. Il calo più consistente si è registrato a Wenzhou, (-14% rispetto al
2011), mentre Pechino e Shanghai hanno riportato una diminuzione attorno all’1,6%.
L’esecutivo di Pechino ha promesso di mantenere attive le
restrizioni applicate al mercato immobiliare in risposta al boom, che ha fatto
temere gli effetti dell’eventuale scoppio di una bolla speculativa. Tuttavia,
se i prezzi si abbasseranno ancora di molto e in poco tempo, sicuramente ci saranno a breve
delle ripercussioni sull’intero sistema economico della Cina. Bloomberg riporta l’opinione di Peter Churchouse, di Portwood Capital: «Il mercato immobiliare cinese si sta lentamente avvicinando al fondo della sua discesa e mi aspetto di assistere a un atterraggio nell’arco dei prossimi tre-quattro mesi». A detta sua, l’impatto delle manovre delle autorità può dirsi positivo.
Di diverso avviso è invece Alistair Thornton, uno dei maggiori esperti della IHS Global Insight, "Il settore immobiliare continuerà a gravare sulla crescita economica e per la fine dell’anno sarà un ulteriore freno a questa".
lunedì 18 giugno 2012
Spazio...alla Cina
L'astronave cinese Shenzhou-9, con a bordo tre
astronauti, ha agganciato la stazione orbitante Tiangong-1. All'interno del
modulo, i tre astronauti faranno esperimenti per 10 giorni. Uno dei tre
astronauti è il maggiore Liu Yang, la prima donna cinese nella spazio.
Obiettivo della missione era infatti quello di portare a termine la manovra di aggancio al modulo Shenzhou-8, già in orbita dal novembre 2011 per effettuare esperimenti scientifici e tecnici.
L’agenzia Nuova Cina, annuncia inoltre che entro il prossimo decennio la stazione orbitante Tiangong-1 verrà avvicendata con una stabile ed in grado di ospitare un equipaggio per diversi mesi.
Il centro aereospaziale di Pechino comunica l’avvenuto incontro
tra l'astronave cinese Shenzhou-9 e la stazione orbitante Tiangong-1. La
capsula - lanciata dal poligono di Jiuquan con a bordo tre astronauti (tra i
quali Liu Yang, la prima donna cinese nello spazio) - si è agganciata in modo automatico
al modulo orbitale Tiangong-1 poco dopo le 6 di questa mattina. Usa Today scrive che: “gli astronauti rimarranno in orbita diversi giorni” come “parte della preparazione di una più ampia
missione” che dovrebbe portare la Cina ad avere una vera e propria stazione
spaziale.
Dopo Russia e Stati Uniti, quindi, Pechino passa alla
storia riuscendo a portare a termine il suo primo aggancio nello spazio aperto
di una capsula ad un modulo orbitante. Gli astronauti avranno il compito di
realizzare ora degli esperimenti scientifici. Obiettivo della missione era infatti quello di portare a termine la manovra di aggancio al modulo Shenzhou-8, già in orbita dal novembre 2011 per effettuare esperimenti scientifici e tecnici.
L’agenzia Nuova Cina, annuncia inoltre che entro il prossimo decennio la stazione orbitante Tiangong-1 verrà avvicendata con una stabile ed in grado di ospitare un equipaggio per diversi mesi.
venerdì 15 giugno 2012
Investitori cinesi in Italia
Gli investimenti dei cinesi nel Bel Paese sono passati
dalla quota prossima allo zero del 2009 ai 528 milioni di euro dei primi sei
mesi del 2012.
I cinesi, dal canto loro, portano avanti la loro ricerca di partner europei al fine di apprendere know how e le principali tecnologie.
Tutti questi investimenti, a ogni modo, non sono ben visti dai colossi della finanza cinese che stanno cercando di scoraggiare i loro correntisti interessati a trasferire capitali in Europa. Essi sottolineano infatti che, anche se le oscillazioni dell’euro rendono queste acquisizioni più economiche, l’economia cresce così poco da rendere poco convenienti queste acquisizioni.
Difficile però pensare che gli investitori si lascino scappare l’occasione di poter avere queste tecnologie a un così basso costo.
Indipendentemente dagli effetti della crisi economica, gli
uomini d'affari cinesi sono sempre più attratti dall’Italia. Il loro numeri sono
aumentati in maniera esponenziale passando da una quota praticamente nulla
registrata nel 2009 per arrivare alla sorprendente cifra di 528 milioni di euro
registrata nel periodo gennaio-giugno 2012.
Investimenti che sono dunque aumentati, come allo
stesso tempo sono ampliati gli interessi dei correntisti cinesi verso i più
svariati settori dell’economia italiana. Le più forti sinergie si sono registrate
nei comparti del lusso e della moda, ove attraverso jv, le grandi firme
italiane sono state aiutate a raggiungere anche le metropoli più remote della
Repubblica popolare. I cinesi, dal canto loro, portano avanti la loro ricerca di partner europei al fine di apprendere know how e le principali tecnologie.
Tutti questi investimenti, a ogni modo, non sono ben visti dai colossi della finanza cinese che stanno cercando di scoraggiare i loro correntisti interessati a trasferire capitali in Europa. Essi sottolineano infatti che, anche se le oscillazioni dell’euro rendono queste acquisizioni più economiche, l’economia cresce così poco da rendere poco convenienti queste acquisizioni.
Difficile però pensare che gli investitori si lascino scappare l’occasione di poter avere queste tecnologie a un così basso costo.
giovedì 14 giugno 2012
Lusso: nel 2015 la Cina al primo posto
La Boston Consulting Group (BCG), multinazionale di consulenza di
management, nella sua ultima indagine presentata a Pechino ha dichiarato
che nel 2015 la Cina costituirà il 29% dei consumi di lusso mondiali,
diventando così il primo paese al mondo.
Tre anni per arrivare davanti a tutti. Tre anni per essere al primo posto nel settore del lusso e superare di slancio il Giappone e gli Stati Uniti.
Il 2015 è quindi la data entro la quale uno studio della BCG prevede che la Cina, con una crescita del 20% a partire già dal prossimo anno, riuscirà in questo intento.
Attualmente il Paese risulta essere il terzo mercato più grande al mondo nel lusso, con un valore di circa 25 miliardi di dollari. La Cina offre infatti un mercato ricco e la sua stabilità è di grande attrattiva per gli investitori.
Gli analisti hanno previsto che entro il 2020 oltre 330 città cinesi arriveranno ad un reddito medio simile a quello di Shanghai nel 2010. I primi passi già si colgono analizzando la collocazione dei punti vendita dei più lussuosi brand internazionali; al momento essi sono concentrati solo nelle grandi città (Shanghai, Pechino e Shenzen) o nelle ricche province costiere, ma nel giro di poco tempo arriveranno anche in luoghi considerati di “seconda fascia” come Harbin e Shenyang.
Il Direttore di SMG China National Research & Insights, Jeffrey Tan, ha confermato che: “Vi è un crescente livello di sofisticazione e di discernimento tra i consumatori simile a quella trovata nei mercati di lusso maturi come il Giappone, Hong Kong e Singapore. Vediamo – ha poi aggiunto – uno spostamento molto distinto dalla validazione esterna all’apprezzamento più interno”. Ciò significa che si è passati dalla mera voglia di esibire i propri beni di lusso ad una più attenta acquisizione del bene.
Ma chi sono oggi gli amanti del lusso cinesi? Una ricerca, condotta da Luxe, ha individuato alcune caratteristiche del consumatore di lusso in Cina. Essi possono essere brevemente riassunti nelle seguenti tipologia: dalla donna in carriera, all’arrampicatore pronto a fare la scalata aziendale, ai sociomani modaioli arrivando ai figli di papà.
Tre anni per arrivare davanti a tutti. Tre anni per essere al primo posto nel settore del lusso e superare di slancio il Giappone e gli Stati Uniti.
Il 2015 è quindi la data entro la quale uno studio della BCG prevede che la Cina, con una crescita del 20% a partire già dal prossimo anno, riuscirà in questo intento.
Attualmente il Paese risulta essere il terzo mercato più grande al mondo nel lusso, con un valore di circa 25 miliardi di dollari. La Cina offre infatti un mercato ricco e la sua stabilità è di grande attrattiva per gli investitori.
Gli analisti hanno previsto che entro il 2020 oltre 330 città cinesi arriveranno ad un reddito medio simile a quello di Shanghai nel 2010. I primi passi già si colgono analizzando la collocazione dei punti vendita dei più lussuosi brand internazionali; al momento essi sono concentrati solo nelle grandi città (Shanghai, Pechino e Shenzen) o nelle ricche province costiere, ma nel giro di poco tempo arriveranno anche in luoghi considerati di “seconda fascia” come Harbin e Shenyang.
Il Direttore di SMG China National Research & Insights, Jeffrey Tan, ha confermato che: “Vi è un crescente livello di sofisticazione e di discernimento tra i consumatori simile a quella trovata nei mercati di lusso maturi come il Giappone, Hong Kong e Singapore. Vediamo – ha poi aggiunto – uno spostamento molto distinto dalla validazione esterna all’apprezzamento più interno”. Ciò significa che si è passati dalla mera voglia di esibire i propri beni di lusso ad una più attenta acquisizione del bene.
Ma chi sono oggi gli amanti del lusso cinesi? Una ricerca, condotta da Luxe, ha individuato alcune caratteristiche del consumatore di lusso in Cina. Essi possono essere brevemente riassunti nelle seguenti tipologia: dalla donna in carriera, all’arrampicatore pronto a fare la scalata aziendale, ai sociomani modaioli arrivando ai figli di papà.
mercoledì 13 giugno 2012
Giulietta cinese?
La Brilliance V6 Crossover Concept è una nuova vettura
che dovrebbe debuttare sul mercato più o meno intorno all’inizio del 2013.
Questa volta i cinesi della Brilliance hanno pensato di ‘prendere ispirazione’
dall’Alfa Romeo Giulietta.
Consoliamoci dunque pensando che: “Il plagio è un atto di omaggio. Chi copia ammira”.
È stata svelata poche ore fa una nuova vettura cinese
pronta a debuttare sul mercato orientale entro la fine dell’anno. Si tratta
della V6 Concept, della Brilliance, ad oggi l'ottavo costruttore cinese per
produzione totale. L’azienda, controllata direttamente dallo Stato, è ben nota anche
in Europa per essere socia della Bmw.
La nuova autovettura ha però alcune particolarità che non
sfuggiranno di certo a tutti gli alfisti presenti nel mondo: essa infatti non ha
solo dimensioni e proporzioni analoghe alla Giulietta (con la sola differenza
di una maggiore altezza da terra rispetto all'attuale hatchback Alfa Romeo) ma
svela, attraverso le prime immagini diffuse in questi giorni su carnewschina.com,
incredibili dettagli comuni, come per esempio le maniglie
"invisibili" nello spigolo delle porte posteriori. Fortunatamente
almeno il frontale è stato risparmiato con la non presenza della tipica
mascherina Alfa. Consoliamoci dunque pensando che: “Il plagio è un atto di omaggio. Chi copia ammira”.
martedì 12 giugno 2012
La crescita economica cinese di quest'anno supererà le previsioni
Dal 9,8% del quarto
trimestre del 2010 al 8,1% del primo trimestre del 2012, la crescita economica
cinese ha subito un rallentamento per cinque trimestri consecutivi. Sembra comunque
possibile che la Cina potrà uscire dall'attuale situazione di difficoltà in
breve tempo.
Secondo i dati pubblicati il 9 giugno dall'Ufficio
Nazionale di Statistica cinese, a causa del rallentamento della domanda interna
ed estera, l'economia cinese ha continuato a registrare una tendenza in calo
e sta affrontando una pressione al ribasso.
Così il direttore dell’Istituto di ricerca
sull'economia mondiale dell'Accademia di ricerca sulle relazioni internazionali
moderne, Chen Fengying: "La
situazione della prima metà di quest'anno è accettabile, nel primo trimestre,
la nostra crescita economica è aumentata dell'8,1%, relativamente bassa,
tuttavia, dal punto di vista internazionale, non così bassa. Temiamo che nel
secondo trimestre toccherà probabilmente il fondo della curva economica, e la
crescita sarà inferiore al 7,5%".
Fengying ha aggiunto che: “Grazie a politiche economiche più rilassate nel terzo e quarto
trimestre e il miglioramento dell'ambiente internazionale, l'economia cinese
avrà una ripresa stabile e nella seconda metà di quest'anno, grazie alla spinta
di fattori interni ed esteri, raggiungerà una crescita superiore a quella
prevista. Nel terzo trimestre, essa
risalirà gradualmente ed entro il quarto trimestre tornerà al livello normale.
Quindi, penso che l'obiettivo della crescita economica del 7,5% che abbiamo
fissato durante le due sessioni all'inizio di quest'anno sia di mantenimento.
Anche se l'ambiente estero è molto duro, dal punto di vista generale, la
politica di rilassamento ci sosterrà. Se la politica di rilassamento, la
riforma fiscale e la politica di stimolo saranno promulgate, la crescita
economica raggiungerà l'8-8,5%".
Queste le parole del vice-direttore Wang Jun: “I problemi che l'economia cinese deve
affrontare sono il risultato di una fluttuazione periodica a breve termine, la
riforma sistematica a lungo termine e le contraddizioni strutturali. Attraverso
il regolamento anticiclico a breve termine e un adeguamento minuzioso della
macroeconomia, possiamo riprendere l'economia cinese in breve tempo. A lungo
termine, ci siamo impegnati a promuovere l'adeguamento strutturale, la
trasformazione economica e il cambiamento del modello di sviluppo".
lunedì 11 giugno 2012
Previsioni di crescita per l’economia
Notevolmente
superiori alle attese di mercato i dati economici relativi alla Cina.
Secondo i dati pubblicati il 10 giugno
dall'Amministrazione Generale delle Dogane della Repubblica Popolare Cinese, a
maggio di quest'anno il valore totale dell'esportazione cinese ha superato i
343,5 miliardi di dollari americani (+ 14% rispetto allo scorso anno), facendo
registrare un nuovo record.
Sempre secondo le statistiche della Dogana, da gennaio
a maggio l'importo delle importazioni ed esportazioni cinesi ha superato i 1500
miliardi di USD, con una crescita del 7.7%. Il bilancio favorevole totale
ammonta a 37.91 miliardi di USD.
Secondo gli analisti, i motivi principali del
miglioramento dell'esportazione cinese sono da ricercare sia nella ripresa
economica americana sia nella produzione ove l’esportazione cinese è
gradualmente ritornata nei suoi standard.
venerdì 8 giugno 2012
La Cina taglia i tassi d'interesse dello 0,25%
Per la prima volta dai tempi della crisi del 2008,
la Cina ha deciso di tagliare i tassi di interesse.
La mossa a sorpresa di Pechino, annunciata dalla Banca popolare cinese, consiste nella riduzione di un quarto di punto per il tasso sui depositi a un anno così come quello sui prestiti a un anno.
La mossa a sorpresa di Pechino, annunciata dalla Banca popolare cinese, consiste nella riduzione di un quarto di punto per il tasso sui depositi a un anno così come quello sui prestiti a un anno.
Una buona notizia aleggia sull’economia mondiale: la
Cina ha deciso di tagliare i tassi di interesse.
Nello specifico, il tasso sui depositi è passato dal
3,5% al 3,25%, mentre quello sui prestiti è sceso da 6,56% a 6,31%. La
decisione della Banca Popolare cinese sarà valida a partire da oggi 8 giugno.
Con questa decisione, presa per combattere il freno
della crescita globale minacciato dalla crisi del debito dell'Europa, le banche
avranno la totale libertà di fissare gli importi che pagano sui depositi e sui
prestiti.
Contemporaneamente si è verificata una crescita degli acquisti sui futures Usa. Dopo questo annuncio a sorpresa, tutte le attenzioni sono ora rivolte alle parole del Presidente della Fed, Ben Bernanke.
Contemporaneamente si è verificata una crescita degli acquisti sui futures Usa. Dopo questo annuncio a sorpresa, tutte le attenzioni sono ora rivolte alle parole del Presidente della Fed, Ben Bernanke.
giovedì 7 giugno 2012
Dubbi sul suicidio di un dissidente di Tienanmen
Morto in circostanze misteriose uno dei leader delle
proteste, in carcere da oltre 22 anni. Ritrovato in un ospedale dove era
ricoverato per problemi cardiaci e diabete.
Il cognato di Li ha rilasciato alla stampa che: “L’ho visto ieri sera e non mostrava alcun segno di disperazione. Ha sempre avuto una mente lucida e un carattere forte”. Per Human Rights and Democracy in China non è escluso “che le forze dell’ordine che lo avevano in custodia lo abbiano picchiato talmente tanto da provocarne la morte e che a quel punto abbiano simulato il suicidio” .
Esattamente 23 anni dopo l’anniversario della
repressione di piazza Tienanmen, uno dei leader delle proteste, Li Wangyang, in
carcere da oltre 22 anni, è morto in circostanze misteriose. L’uomo, che era
nato a Hunan nel 1950,
reso muto e sordo dalle torture subite durante la prigionia, è stato trovato
senza vita ieri mattina in un reparto dell’ospedale di Daxiang nella città di
Shaoyang dove era ricoverato per problemi cardiaci e diabete. Il cadavere,
ritrovato penzolante da una finestra con una fascia legata attorno al collo, è
stato rinvenuto dalla sorella di Li e da suo marito. Per la polizia, che ha
portato via il corpo senza il consenso dei familiari, si tratterebbe di
suicidio, ma i parenti escludono categoricamente questa ipotesi, sospettando delle
forze dell’ordine.
Come dissidente, Li era sottoposto a stretta
sorveglianza e il suo reparto era controllato da oltre 10 poliziotti. Per il
suo ruolo nelle proteste del 1989, l’uomo fu condannato a 13 anni di reclusione
con l’accusa di aver condotto “attività controrivoluzionarie”; nel 2001 fu
rilasciato ma poco dopo venne di nuovo accusato di “incitazione alla
sovversione” e condannato ad altri 10 anni di reclusione. Pochi giorni fa Li
Wangyang aveva incontrato alcuni sostenitori. Il cognato di Li ha rilasciato alla stampa che: “L’ho visto ieri sera e non mostrava alcun segno di disperazione. Ha sempre avuto una mente lucida e un carattere forte”. Per Human Rights and Democracy in China non è escluso “che le forze dell’ordine che lo avevano in custodia lo abbiano picchiato talmente tanto da provocarne la morte e che a quel punto abbiano simulato il suicidio” .
mercoledì 6 giugno 2012
La Cina al comando delle green tech
Una classifica volta ad evidenziare il ruolo strategico di
25 paesi produttori di tecnologie per le rinnovabili mette sul podio Cina,
Stati Uniti e Germania
Un giudizio complessivo sull'andamento della green economy vede i paesi dei continenti asiatico e americano in forte crescita, mentre la produzione e la vendita nei paesi dell'Unione Europea è in una situazione di stallo o addirittura di calo.
Mariagrazia Midulla, responsabile Clima e Energia del WWF Italia, ha affermato che: “La volontà politica è ciò che separa i vincitori dai perdenti nell’economia pulita del futuro, ed è questo che la classifica dimostra. I loro governi hanno investito e ora i vincitori stanno ricevendo vendite, posti di lavoro e tecnologia. L’Italia è un esempio paradigmatico: le energie rinnovabili sono una realtà che pesa sempre di più, ma manca un piano industriale e una strategia energetica che ponderi scelte e rafforzi il ruolo della Green Economy nello sviluppo futuro. Invece di pensare a come attuare la transizione, si cede alle pressioni delle lobby energetiche tradizionali, e con la politica del Sor Tentenna non si arriva da nessuna parte”.
“I paesi che stanno registrando i mercati globali - ha infine concluso Midulla - hanno capito che è la tecnologia pulita è una parte importante della loro politica energetica, economica e industriale. Questi paesi stanno sostenendo il settore delle tecnologie energetiche pulite a lungo termine, politiche che generano gli investimenti ecologici. Incentivano i settori giusti e ora stanno raccogliendone i frutti”.
Sempre dalla Cina giunge però una notizia che non renderà allegri gli ambientalisti: durante il summit Russia-Cina svoltosi a Pechino, Vladimir Putin e Hu Jintao stanno discutendo dell'intensificazione degli scambi di carbone, gas e petrolio; una collaborazione considerata "strategica" dal presidente russo e che starebbe "davvero cambiando l'intera configurazione della mercato energetico globale".
In occasione della Giornata mondiale per l'ambiente e a
pochi giorni dalla Conferenza della Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile in
programma a Rio, il WWF ha pubblicato il suo nuovo rapporto "Clean
economy, living planet" che classifica 25 paesi in base alle vendite di
tecnologie legate alle energie rinnovabili, come ad esempio moduli fotovoltaici
e turbine eoliche, registrate fino al 2011. Il rapporto commissionato non
lascia dubbi: è la Cina a guidare l’universo delle tecnologie green.
In termini di
valore totale delle vendite di tecnologie per la produzione di energie pulite,
la Cina guida la classifica, seguita da Stati Uniti e Germania. anche se,
calcolando le vendite medie, è la Danimarca a mantenere il primato, seguita
dalla Repubblica Popolare e dalla Germania.Un giudizio complessivo sull'andamento della green economy vede i paesi dei continenti asiatico e americano in forte crescita, mentre la produzione e la vendita nei paesi dell'Unione Europea è in una situazione di stallo o addirittura di calo.
Mariagrazia Midulla, responsabile Clima e Energia del WWF Italia, ha affermato che: “La volontà politica è ciò che separa i vincitori dai perdenti nell’economia pulita del futuro, ed è questo che la classifica dimostra. I loro governi hanno investito e ora i vincitori stanno ricevendo vendite, posti di lavoro e tecnologia. L’Italia è un esempio paradigmatico: le energie rinnovabili sono una realtà che pesa sempre di più, ma manca un piano industriale e una strategia energetica che ponderi scelte e rafforzi il ruolo della Green Economy nello sviluppo futuro. Invece di pensare a come attuare la transizione, si cede alle pressioni delle lobby energetiche tradizionali, e con la politica del Sor Tentenna non si arriva da nessuna parte”.
“I paesi che stanno registrando i mercati globali - ha infine concluso Midulla - hanno capito che è la tecnologia pulita è una parte importante della loro politica energetica, economica e industriale. Questi paesi stanno sostenendo il settore delle tecnologie energetiche pulite a lungo termine, politiche che generano gli investimenti ecologici. Incentivano i settori giusti e ora stanno raccogliendone i frutti”.
Sempre dalla Cina giunge però una notizia che non renderà allegri gli ambientalisti: durante il summit Russia-Cina svoltosi a Pechino, Vladimir Putin e Hu Jintao stanno discutendo dell'intensificazione degli scambi di carbone, gas e petrolio; una collaborazione considerata "strategica" dal presidente russo e che starebbe "davvero cambiando l'intera configurazione della mercato energetico globale".
martedì 5 giugno 2012
Il Governo torna a credere nel nucleare
Sgomento. Solidarietà. Preoccupazione. Paura. Erano
questi i sentimenti prevalenti della Cina all’indomani della tragedia di
Fukushima. Ma dopo un anno le cose sembrano essere cambiate.
La Cina ha però deciso di superare la sua dipendenza energetica dall’estero ritornando ad investire in questo campo; prima dell’11 marzo 2011, il Paese aveva 13 centrali nucleari attive e ben 27 in costruzione. Con l’approvazione di questo piano di sicurezza Pechino vuole ripartire da dove si era fermato con la costruzione di altri 50 reattori nucleari.
Il messaggio dunque che il Governo vuole mandare al popolo cinese riguarda quindi la sicurezza delle nuove centrali. Secondo il South China Morning Post i sostenitori del nucleare sono sicuri che “la Cina possiede standard di sicurezza più elevati rispetto al Giappone”.
Se da un certo punto di vista questo potrebbe corrispondere a verità, non tutte le centrali possono garantire elevati standard di sicurezza: media locali hanno infatti ripreso la dichiarazione del piano di sicurezza, evidenziando che non tutte sarebbero idonee ad affrontare uno tsunami come quello accaduto in Giappone.
È molto difficile dunque che avvenga la rimozione del bando, anche se l’opinione pubblica è ancora molto sensibile sulla questione nucleare, soprattutto in fatto di norme di sicurezza. Sono ancora molte le persone che vedono di buon occhio la politica scelta da altri Paesi, sebbene il governo cinese si sia mosso proprio verso il raggiungimento del minor rischio possibile.
A più di un anno dalla catastrofe di Fukushima, nonostante
siano molte le nazioni che stanno cercando soluzioni alternative al nucleare, è
di questi giorni la notizia che la Cina ha approvato un piano quinquennale per
la sicurezza delle proprie centrali nucleari.
Dopo l’incidente in Giappone, il governo cinese aveva
imposto un bando che vietava la costruzione di nuove centrali; un’azione dovuta
soprattutto a causa delle forti pressioni provenienti dell’opinione pubblica.La Cina ha però deciso di superare la sua dipendenza energetica dall’estero ritornando ad investire in questo campo; prima dell’11 marzo 2011, il Paese aveva 13 centrali nucleari attive e ben 27 in costruzione. Con l’approvazione di questo piano di sicurezza Pechino vuole ripartire da dove si era fermato con la costruzione di altri 50 reattori nucleari.
Il messaggio dunque che il Governo vuole mandare al popolo cinese riguarda quindi la sicurezza delle nuove centrali. Secondo il South China Morning Post i sostenitori del nucleare sono sicuri che “la Cina possiede standard di sicurezza più elevati rispetto al Giappone”.
Se da un certo punto di vista questo potrebbe corrispondere a verità, non tutte le centrali possono garantire elevati standard di sicurezza: media locali hanno infatti ripreso la dichiarazione del piano di sicurezza, evidenziando che non tutte sarebbero idonee ad affrontare uno tsunami come quello accaduto in Giappone.
È molto difficile dunque che avvenga la rimozione del bando, anche se l’opinione pubblica è ancora molto sensibile sulla questione nucleare, soprattutto in fatto di norme di sicurezza. Sono ancora molte le persone che vedono di buon occhio la politica scelta da altri Paesi, sebbene il governo cinese si sia mosso proprio verso il raggiungimento del minor rischio possibile.
lunedì 4 giugno 2012
Crescita dei prezzi al consumo in Cina
In Cina i prezzi al consumo cresceranno a un ritmo non superiore al 3,4% nel 2012. Sono queste le stime riportate dalla principale agenzia di pianificazione economica della Repubblica Popolare Cinese. Cattive notizie anche dal settore manifatturiero.
Secondo le stime pubblicate dal China Securities
Journal previste da Xu Lianzhong, della Commissione nazionale per lo sviluppo e
le riforme, l'indice dei prezzi al
consumo nel Paese è destinato a crescere del 3% nel secondo trimestre, per totale
di +3,4% sull’intero semestre. In Cina dunque i prezzi al consumo cresceranno a
un ritmo non superiore al 3,4% nel 2012.
Cattive notizie arrivano invece dal settore
dell'attività manifatturiera cinese. Nel mese di maggio l'indice PMI
manifatturiero scivola infatti a 50,4 punti, rispetto ai 53,5 punti di aprile. Un
dato che delude gli analisti che si aspettavano il raggiungimento di almeno 51
punti, ma il risultato di maggio, al momento, non lascia molto spazio
all'immaginazione.
Anche l'indice PMI HSBC è in discesa e a maggio si
ferma a 48,4 punti dai 49,3 di aprile e al di sotto della prima lettura flash
di 48,7 punti.
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