Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

venerdì 30 dicembre 2011

Indebitamento delle amministrazioni locali

Oltre una decina di amministrazioni locali cinesi stanno ritardando i pagamenti degli interessi sui prestiti: situazione finanziaria critica

La situazione finanziaria delle amministrazioni locali cinesi sembra entrata in una fase di crisi da qualche tempo: molte sono le società controllate dai governi locali che hanno stanno ritardando i pagamenti degli interessi sui prestiti erogati dagli istituti di credito. Se ad ottobre 2011 a chiedere la proroga concessa dalla China Banking Regulatory Commission erano solo determinate agenzie finanziarie controllate da amministrazioni locali, ora sono sempre più le società maggiormente indebitate. Secondo le stime, infatti, una decina tra queste stanno posticipando i pagamenti per un valore complessivo di circa 3,6 miliardi di euro.
Nell’ottobre scorso erano state varate alcune manovre per venire incontro alle amministrazioni su questo fronte: era, dunque, stato avviato un progetto pilota che permetteva ai governi locali di finanziare il rispettivo debito pubblico, contrariamente a quanto previsto dalla riforma del 1994, che voleva centralizzare i conti degli enti locali. Ciò è stato possibile anche grazie alla creazione delle LIC (Local Invetsment Companies) nel 2008, agenzie semipubbliche che offrono come garanzia la terra di proprietà dello Stato in cambio di prestiti per realizzare infrastrutture, opere pubbliche e immobili.
A causa di questa complessità organizzativa, risulta difficile quantificare esattamente a quanti ammonti il debito pubblico delle amministrazioni locali: secondo i dati dell’Ufficio Nazionale dei Revisori dei Conti, il 25% del debito scadrà entro la fine del 2011, il 17% entro il 2012 e l’11% alla fine del 2013. Tuttavia, Standard & Poor’s fornisce un dato più allarmante in merito: nel 2009 risulta raddoppiato l’indebitamento delle società locali cinesi, a fronte, però, di un aumento delle entrate fiscali di solo il 20%.

giovedì 29 dicembre 2011

Riforma dell’Iva sui servizi

Nel 2012 verrà avviato un programma pilota per la modifica del sistema delle imposte indirette in Cina, che riguarderà l’erogazione di servizi.

La Repubblica Popolare ha deciso di migliorare il sistema di riscossione delle imposte, incentivando lo sviluppo delle modern service industries. Lo State Council, infatti, avvierà, a partire dal nuovo anno, un programma pilota che permetterà l’applicazione dell’Iva alle prestazioni di servizi. Attualmente, infatti, il regima Iva è applicato solo alla vendita di beni con un’aliquota del 17%, mentre per i servizi vige il sistema della Business Tax (BT), con un’aliquota del 5%. Tale meccanismo, però, risulta svantaggioso per le imprese perché incide notevolmente sui margini.
L’obiettivo del governo centrale ora è quello di estendere l’Iva a livello nazionale entro due anni. In fase inziale le categorie coinvolte saranno quelle dedicate alla ricerca e sviluppo, consulenza tecnica, trasporti, logistica, contabilità, consulenza fiscale e legale. La normativa, inoltre, si applicherà anche tra le consociate dei gruppi multinazionali. Il programma verrà reso operativo innanzitutto a Shanghai nell’ambito delle pilot industries e dei trasporti, dove accanto alle aliquote Iva del 17% e del 123% si aggiungeranno due nuove aliquote dell’11% e del 6%.
Le conseguenze per le industrie dei servizi saranno decisamente vantaggiose, anche per le prestazioni dall’estero. Nell’acquisto di servizi, infatti, si verificherà una importante riduzione dei costi e per le società significherà l’eliminazione dal costo del venduto della percentuale fiscale della BT.

mercoledì 28 dicembre 2011

Gruppo Italiano Vini punta su Cina e Russia

Il GIV si prepara per affermare i marchi italiani all’estero, dove le opportunità sono numerose; in particolare, punta ora su Cina e Russia.

Il Gruppo Italiano Vini punta sempre più sui nuovi mercati, dato che la produzione mondiale per la prima volta risulta inferiore ai consumi e l’Italia contribuisce solo ad un terzo del fatturato. Le opportunità sono, quindi, molteplici e l’affermazione all’estero risulta una delle possibilità per contrastare la crisi in patria. Dopo USA, Germania, Canada, Gran Bretagna, Paesi Scandinavi e Benelux, il Giv sta organizzando l’ingresso in Cina e Russia, i due Paesi al momento più appetibili.
Nella Repubblica Popolare il Gruppo ha aperto una società a Shanghai per poter seguire in modo diretto lo sviluppo dei vini, in particolare quelli di alta qualità. La necessità di avere un contatto diretto con i distributori e con la realtà dei consumi è dettata dalle difficoltà distributive che tutt’oggi permangono nel Dragone e che ostacolano le opportunità del settore. Attualmente in Cina dominano i vini francesi, ma le potenzialità dei marchi italiani sono notevoli, motivo per cui l’organizzazione commerciale è fondamentale.
Per quanto riguarda la Russia, invece, non è ancora prevista una società di distribuzione, perché il processo di penetrazione è ancora in fase di studio. Nonostante le problematiche che riguardano il mercato russo, però, si è registrata una buona crescita del settore grazie a molti bravi importatori locali.
Grazie all’ingresso nei nuovi mercati, si è potuto aumentare il fatturato Giv capogruppo di 15 milioni di euro rispetto al 2010, con una crescita del 6%. Il 2011 è stato un anno positivo, segnato anche dal lancio sul mercato internazionale del marchio Cavicchioli e del rilancio di Bolla negli Usa. Per il 2012, si prevedono difficoltà legate all’aumento del costo delle uve, elemento che obbligherà gli operatori a ricaricare i prezzi delle bottiglie del 15-20% anche all’estero.

martedì 27 dicembre 2011

La popolazione cittadina supera quella di campagna

Con 700 milioni di abitanti delle aree urbane, la Repubblica Popolare ora conta più individui nelle città che nella campagna: il sorpasso è storico.

La Cina ha ufficialmente compiuto un passo storico: gli abitanti delle città oggi sono più numerosi di quelli della campagna, con quote rispettivamente di 700 e 600 milioni di individui. Si tratta di un cambiamento profondo, dato che per millenni solo l’1% della popolazione cinese poteva vivere nelle aree urbane, ed è un lampante simbolo della rapida crescita economica del Paese.
Le conseguenze di questo sviluppo urbano a livello demografico senza precedenti sono molteplici e coinvolgono la sfera economica, sociale e politica del Paese. Dal punto di vista economico, infatti, l’aumento della popolazione cittadina implica maggiore domanda di beni e servizi ed esigenze più complesse da soddisfare. Le persone sono più facilmente raggiungibili, soprattutto parlando dei media, ma gli stimoli che esse ricevono sono maggiori e, di conseguenza, diventano consumatori più difficili da gestire e conquistare.
Socialmente parlando, si sta già assistendo alle prime dinamiche: vivere e lavorare nelle megalopoli ad alta densità favorisce la collettività, anche in occasione di manifestazioni e proteste, come nel caso degli scioperi dei lavoratori degli ultimi anni. Nello stesso momento, anche fenomeni come la criminalità e disordini di ordine pubblico aumentano.
Infine, la politica dovrà ora cambiare necessariamente, in quanto la gestione di una grande fetta della popolazione urbana è molto più critica. I problemi amministrativi raddoppiano e in Cina ci si trova ad affrontare un elemento nuovo: oggi che i trasferimenti da campagna e città sono definitivi, gli individui che si spostano perdono il terreno nel luoghi di origine. Se prima, infatti, molti tornavano a casa in tempi di crisi o perché lavoravano solo per la stagione, ora chi perde il lavoro si trova disoccupato in una città in cui non riesce a mantenersi.
Resta da capire se i numeri appena forniti sono effettivamente reali. In Cina, infatti, è difficile capire che cosa si intenda per città: molti agglomerati che contano centinaia di migliaia di persone sono definiti “campagna”; inoltre, quei milioni di contadini che si trasferiscono per qualche mese nelle aree urbane non sono considerati “cittadini, ma “popolazione fluttuante”.

venerdì 23 dicembre 2011

Cina, prima al mondo per i brevetti

La Repubblica Popolare risulta essere uno dei paesi più innovativi al mondo, dove i brevetti registrati sono in forte crescita e le società raggiungono i primi posti delle classifiche mondiali.

Negli ultimi anni, sono molti i primati della Repubblica Popolare che la consacrano ancor di più come seconda economia mondiale. Ora, secondo i dati di Thomson Reuters, l’Impero di Mezzo è leader anche nell’innovazione, avendo conquistato il primo posto al mondo per numero di brevetti registrati in patria, seguita da Stati Uniti e Giappone. Nell’ultimo lustro, i brevetti in Cina hanno conosciuto una crescita pari al 16,7%, passando dai 171.000 del 2006 ai 314.000 del 2010, numeri con cui si prevede che nel 2015 saranno circa 500.000 le nuove invenzioni.
Oltre ai brevetti, un altro segnale di grande innovazione è quello delle società cinesi che, secondo i dati della WIPO (World Intellectual Property office), si collocano ai primi posti delle classifiche mondiali. Nel campo delle telecomunicazioni, ad esempio, nel 2010 la cinese ZTE Corp si posizionava seconda a livello globale, mentre la Huawei Technologies era quarta.
A contribuire al successo sono la semplicità per le pratiche sulla tutela della proprietà intellettuale e i numerosi incentivi messi in campo dal governo centrale per la creazione di centri di ricerca e sviluppo. Inoltre, sono aumentate le cause legali intraprese dalle aziende cinesi per le dispute tecnologiche con imprese globali. Grazie a questo sistema vantaggioso, le società locali sono in grado di evolversi per arrivare a essere produttrici di brand internazionali e di prodotti di qualità sempre più apprezzati. L’obiettivo del Dragone è quello di convertire la dicitura “Made in China”, con tutti i suoi significati, in un più rinomato “Designed in China”.

giovedì 22 dicembre 2011

Boom dell’interscambio di prodotti elettrici tra Cina e Italia

Il settore dei prodotti elettrici è una delle voci più attive nelle importazioni italiane dalla Cina, con una crescita dell’11,3% rispetto al 2010.

L’interscambio di prodotti elettrici tra Italia e Cina, quest’anno, ha conosciuto una buona crescita: l’import italiano è salito del 14,4% rispetto al 2010, mentre l’export è aumentato del 12%. Sul totale delle importazioni di merci del settore nel Belpaese, il 17,3% sono prodotti Made in China e nel 2011 gli apparecchi elettrici dal Dragone hanno visto una crescita dell’11,3% rispetto all’anno scorso, confermando il ruolo di leader del Paese asiatico nelle esportazioni del comparto in Italia.
La maggior parte degli interscambi tra i due Paesi si concentrano nel Nord italiano, con ai primi posti le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. L’interscambio tra Lombardia e Cina si è attestato quest’anno a 580 milioni di euro, con una quota di importazioni dalla Repubblica Popolare del 15,7%. Milano, in particolare, è il principale centro delle attività import/export con la Cina, assorbendo il 53% delle esportazioni di prodotti elettrici e il 63% delle esportazioni, per un valore di interscambio pari a 315 milioni di euro. Seguono le città di Sondrio (con una crescita del 158,3%), Lodi (+54,8%) e Como (+49,7%).

mercoledì 21 dicembre 2011

Stefanel e Superga si sviluppano in Cina

Stefanel e Superga sono protagonisti di simili accordi di distribuzione per la capillarizzazione dei rispettivi marchi in Cina e l’apertura di nuovi negozi monomarca.

Finora si è parlato di industrie di abbigliamento italiane in Cina quasi esclusivamente per i marchi di lusso. In realtà, anche le aziende di fascia media riescono a trovare terreno fertile nel Paese asiatico.
Tra queste, si può citare Stefanel, il brand di Ponte di Piave, finora presente nel Dragone con quattro punti vendita monomarca a Shanghai. Ora la casa italiana ha deciso di sviluppare il marchio affidandosi ad un partner locale di fiducia per la distribuzione; si tratta di Carnival International, società cinese del fashion retail con il quale Stefanel ha stipulato un accordo esclusivo di 5 anni. Carnival ha dapprima acquisito i negozi di Shanghai e ora si prepara ad un piano che prevede la distribuzione di abbigliamento e accessori del marchio italiano e l’apertura di 50 nuovi punti vendita sia in Cina che a Taiwan. Le prime inaugurazioni avverranno già nel 2012 e saranno a Pechino, Shenyang e Chengdu.
Altro celebre marchio italiano da segnalare è Superga, per le scarpe sportive. Il brand, infatti, verrà distribuito in Cina e a Hong Kong grazie all’accordo di tre anni stipulato tra BasicNet ed Electric Sekki, società di Hong Kong per lo sviluppo di firme straniere in Asia. L’accordo prevede l’apertura di 30 negozi monomarca per i primi tre anni e 140 nel successivo triennio, sia di proprietà che in franchising. L’obiettivo è di raggiungere un fatturato di 14 milioni di dollari entro la prima scadenza contrattuale.
I casi di Stefanel e di Superga confermano che le opportunità nel settore dell’abbigliamento si possono avere anche per chi non opera necessariamente nel luxury, ma è comunque simbolo di stile e qualità italiani, valori sempre più apprezzati dai clienti cinesi.

martedì 20 dicembre 2011

Cina sempre più leader nelle rinnovabili

Dopo aver conquistato il primo posto nella classifica degli investimenti nelle energie rinnovabili, la Cina raddoppia l’obiettivo solare al 2015 e collabora con Enel per la cattura di CO2.

Secondo l’ultimo rapporto della Ernst & Young “Renewable Energy Country Attractiveness Indices”, la Cina è ufficialmente la prima nazione mondiale per investimenti in energia rinnovabile, nonostante abbia comunque registrato un calo rispetto al passato e inizi a subire l’eccesso di offerta di turbine. L’indagine rivela, per altro, che il settore a livello mondiale sta registrando una forte crescita ed interesse soprattutto tra le economie emergenti, a differenza dei Paesi sviluppati, dove la riduzione degli incentivi governativi e il limitato acceso al capitale hanno ridotto gli investimenti.
La Repubblica Popolare, negli ultimi mesi, ha aumentato notevolmente l’installazione di impianti fotovoltaici e i progetti sono ampliamente finanziati da Pechino, che offre tariffe vantaggiose ai quelli che si concluderanno entro il 31 dicembre prossimo. Il primato mondiale, inoltre, ha provocato un nuovo “raddoppio solare”, il secondo del 2011 dopo quello avvenuto in seguito al dramma nucleare del vicino Giappone. La NEA, infatti, ha pubblicato il piano nazionale per lo sviluppo del settore delle energie rinnovabili per il periodo 2011-2015, in cui stabilisce un obiettivo di 15 GW di capacità solare installata per una produzione di 20.000 TWh annuali e 100 GW di capacità eolica per energia elettrica annua pari a 190.000 TWh.
Tali dati configurano il Dragone come un ottimo partner per le aziende del settore. L’italiana Enel, infatti, ha appena concluso un confronto scientifico con i rappresentanti del ministero della Scienza e Tecnologia cinese e di istituti di ricerca e Università della Cina per la creazione di un impianto CCS nella centrale termoelettrica di Tongchuan, nello Shaanxi. Si tratta di un sistema di cattura dell’anidride carbonica che verrà riutilizzata per estrarre petrolio in un pozzo vicino. Enel in questo tipo di progettazione è all’avanguardia e ha già realizzato un impianto pilota bella Centrale Federico II di Brindisi.

lunedì 19 dicembre 2011

Benelli, un marchio italo-cinese

L’azienda Benelli rappresenta uno dei migliori esempi di come la forza congiunta di italiani e cinesi possa dare buoni frutti e ora prepara la produzione della Due 756 in Cina.

Benelli è una storica casa di motocicli italiana che qualche anno fa ha rischiato il fallimento, ma è stata salvata nel 2005 dalla Qianjiang Group, che ne ha risollevato le sorti. Nonostante le preoccupazioni dei dipendenti e dell’opinione pubblica al tempo, l’azienda non si è convertita al made in China dei peggiori stereotipi, ma è riuscita a diventare un eccellente caso di cooperazione italocinese. La società cinese, infatti, ha mantenuto a Pesaro la produzione e il gruppo ingegneristico, conservando quindi la qualità e l’esperienza italiana; la nuova forza asiatica, invece, si è tradotta in maggiore efficienza e organizzazione. Grazie ala nuova amministrazione, Benelli è ripartita presto con successo, riproponendo sul mercato vecchi modelli rivisti (come il Tornado) e nuovi motocicli.
Oggi l’azienda prova a fare una nuovo passo in avanti, decidendo di produrre la Due 756, un prototipo risalente al 2006 che, però, non fu mai realizzato. Qianjiang vuole rivedere il modello e farlo produrre nel Dragone per distribuirlo prima nel mercato cinese e poi in Europa e nel resto del mondo. Si tratta di una sfida interessante, visto che la 756 era stata progettata per il mercato italiano, mentre in Asia privilegiano le piccole cilindrate. Non si sa ancora, quindi, se la moto verrà riadattata per i consumatori locali o se Benelli sperimenterà una nova strategia distributiva.

venerdì 16 dicembre 2011

Inaugurato il quinto volo settimanale Roma-Pechino

Visto il successo dei collegamenti diretti tra Roma e Pechino nei primi sei mesi, Alitalia ha inaugurato il quinto volo settimanale tra i due Paesi.

Nonostante il rallentamento economico della Cina, il Paese asiatico rappresenta ancora un insieme di opportunità imperdibili per le nostre imprese. Per sostenere e incentivare i rapporti commerciali, ma non solo, tra Italia e Dragone, Alitalia prosegue nel rafforzamento dei collegamenti diretti tra i due Paesi. I primi sei mesi di voli tra Roma e Pechino hanno avuto un ottimo riscontro, tanto che dal 1 ottobre scorso è partito anche il quinto volo settimanale che collega le due città.
L’inaugurazione del passaggio per la Cina è stata fatta la scorsa settimana presso l’Ambasciata d’Italia a Pechino, alla presenza di partner commerciali di Alitalia e di alcuni rappresentanti della comunità italiana di Pechino. I collegamenti arrivano in un momento in cui il numero di visti concessi a cittadini cinesi per l’Italia è aumentato fortemente e sempre più turisti, studenti e imprenditori cinesi sfruttano i voli diretti per l’Italia.
Per la compagnia di bandiera italiana si tratta di un passo importante, che le permetterà di riconquistare i clienti e il mercato. L’obiettivo futuro di Alitalia è quello di poter garantire collegamenti giornalieri tra Pechino e Roma e inaugurare voli anche con altre città del Dragone.

giovedì 15 dicembre 2011

Rallentamento economico della Cina: quale impatto sulle imprese italiane?

Il lieve calo dell’economia cinese registrato negli ultimi tre trimestri potrebbe avere, nei prossimi mesi, delle conseguenze sull’export italiano, i cui operatori, però, al momento non sembrano preoccuparsi.

Negli ultimi anni la sorprendente crescita cinese ha attirato numerose imprese italiane alla ricerca di nuovi sbocchi, soprattutto nei quattro settori tipici del Made in Italy. Le potenzialità ancora enormi della Repubblica Popolare, tuttavia, devono fare i conti, oggi, con un rallentamento dell’economia nazionale, dovuta in parte a politiche sbagliate e in parte alla crisi internazionale.
Alcuni operatori italiani, parlando al Sole 24 Ore, dichiarano di avvertire un calo dei rendimenti in terra asiatica e iniziano a chiedersi se nel prossimo futuro l’impatto sull’export tricolore sarà negativo. Il comparto delle macchine utensili, ad esempio, ha perso lo 0,4% nei primi 8 mesi dell’anno, ma il Dragone rappresenta ancora il 12,8% della produzione totale. Nel caso del legno arredo, settore che ha puntato la maggior parte delle risorse sulla Cina, registra nel Paese asiatico l’8% dell’export. Il mercato cinese vale attualmente circa 60 milioni di euro e reggerà grazie al fatto che l’arredamento si può proporre ad una fascia medio-alta di clienti. Anche nella moda non si vedono gravi conseguenze per il momento, e l’unico cambiamento potrebbe esserci per i marchi che si rivolgono alle fasce medie.
In sostanza, l’opinione generale è che chi è già presente e consolidato sul territorio cinese, non avrà ripercussioni in seguito al rallentamento economico, ma anzi potrà beneficiare la corrente debolezza dell’euro, che favorisce in qualche modo le esportazioni. Le difficoltà potrebbero esserci, invece, per chi ancora non è approdato in Cina e per chi stava pianificando un ingresso nella Repubblica Popolare. In ogni caso, la maggior parte degli investitori è convinta che, data la precaria e debole situazione italiana, orientarsi verso i nuovi mercati sia l’unica scelta per sopravvivere.

mercoledì 14 dicembre 2011

China International Import Expo

Dal 29 al 31 marzo 2012 Kunshan ospiterà la fiera internazionale CIE 2012, dedicata alle opportunità di introduzione di prodotti stranieri in Cina.

L’Associazione Italia Commercio Estero ha programmato una business mission per la partecipazione alla fiera di Kunshan, vicino a Shanghai, dedicata all’import cinese dall’estero. La manifestazione si terrà dal 29 al 31 marzo 2012 e il supporto di AICE prevede l’accompagnamento di una delegazione di aziende, oltre all’organizzazione di negoziati e alla facilitazioni sui costi di allestimento e partecipazione all’evento. Durante la missione interverrà anche l’associazione di promozione sociale Asian Studies Group, specializzata sull’Asia orientale e sull’internazionalizzazione di imprese B2B, che fornirà alle aziende partecipanti sostegno negli incontri, nell’introduzione ai contatti, nella comunicazione e mediazione in lingua e un servizio di studio della fattibilità commerciale sui contatti avviati.
I settori su cui si focalizzerà la fiera sono fondamentalmente quattro: macchinari tecnologici e attrezzature; Information Technology; tecnologie verdi, nuovi materiali e prodotti high-tech; prodotti di consumo di marca.
La scelta dell’area di Kunshan è dettata dal fatto che si tratta di una delle zone urbane più grandi al mondo, comprendente Shanghai, Suzhou, Wuxi, Ningbo e Nanjingis, con un Pil pari al 20% di quello nazionale. Se la Cina si è configurata come il secondo mercato per importazioni al mondo, con una quota di import pari a 1.394,83 miliardi di dollari nel 2010, la sola regione di Kunshan rappresenta oltre il 40% dell’import cinese. Per le aziende italiane coinvolte si tratta di un evento importante per poter avviare e potenziare il commercio di prodotti nell’area.

martedì 13 dicembre 2011

Dagong abbassa il rating dell’Italia

Dagong ha declassato il debito pubblico italiano portandolo a “BBB” con outlook negativo. E’ l’unica agenzia di rating che posiziona l’Italia sotto il voto “A”.

L’agenzia di rating cinese ha declassato il debito pubblico del nostro Paese, portandolo da “A-“ a “BBB” con outlook sempre negativo. Lla decisione di Dagong è motivato dal fatto che l’Italia si trova in una fase di recessione che difficilmente riuscirà a superare nel medio termine. Secondo la società cinese, infatti, il governo Monti non basterà a risollevare le sorti del Belpaese: gli obiettivi di austerity e di taglio del deficit che l’esecutivo si è fissato per il 2011 sono troppo ambiziosi e la situazione politica italiana rimane ancora instabile e vulnerabile. Inoltre, secondo il Dragone l’Italia dipende troppo dalla Banca centrale europea per l’acquisto dei bond, il cui rendimento aumenterà a causa della crisi economica e finanziaria.
Il quadro negativo che dipinge l’agenzia cinese sfavorisce non poco il nostro Paese: gli investitori asiatici, che finora si sono sempre mostrati interessati alle opportunità dello Stivale, sono ora sfiduciati e temono i rischi derivanti dalla crisi del debito italiano. Tuttavia, il giudizio di Dagong è da considerare con cautela: si tratta di un ente nato nel 2010 come alternativa a Moody’s, Fitch e S&P, ma il cui controllo è ancora ignoto. Dagong si definisce una società privata, controllata solo da due soci, di cui uno sembra appartenga alla leadership cinese. Finora l’agenzia ha saputo intuire l’andamento di alcuni Paesi in almeno un’occasione, come nel caso del declassamento del debito americano, ma è anche stata accusata da accademici e quotidiani cinesi di oscurare le criticità di alcune società e compagni di investimento della Repubblica Popolare.

lunedì 12 dicembre 2011

Criticità del sistema economico e sociale cinese

La diminuzione del tasso di crescita contro l’aumento dell’inflazione e della moneta circolante rendono la Cina un Paese verso cui guardare con maggiore attenzione e spirito critico.

Con l’avvicinarsi del nuovo anno si comincino a fare i primi bilanci anche in campo economico e molte sono le notizie relative alla Cina, che quest’anno ha avuto un ritmo altalenante e sembra far preoccupare economisti ed investitori. Negli ultimi giorni i dati sul Dragone, infatti, mettono il Paese asiatico in una luce non particolarmente positiva: l’indice Pmi è sceso sotto i 50 punti manifestando una probabile contrazione della produzione industriale, mentre la crescita economica si è attestata al 9,1%, in calo rispetto ai mesi precedenti.
Tuttavia, a preoccupare maggiormente non sono tanto i dati relativi alla crescita, quanto la gestione del sistema finanziario e l’equilibrio sociale del Paese. La Repubblica Popolare ha un eccesso di moneta circolante: circa 10.500 miliardi di dollari, il doppio del Pil nazionale, che ha provocato una bolla nel settore immobiliare e delle commodity. Di pari passo si è assistito, nel corso del 2011, ad un tasso di inflazione in continua ascesa fino ad arrivare al picco del 6,5% contro il 4% prefissato. Squilibrato risulta, inoltre, il peso delle singole voci di investimenti: le infrastrutture pesano il 50% del Pil, mentre i consumi domestici rappresentano solo il 35%. Le aziende pubbliche sono ancora troppo privilegiate dallo Stato rispetto a quelle private, così che il 70% dei profitti derivano dalle prime. Risulta necessaria, quindi, una riforma strutturale del sistema finanziario cinese, che dovrebbe garantire alle imprese private maggior accesso al capitale degli istituti di credito. Ad oggi, però, non si colgono segnali in questo senso e la mossa di Pechino di ridurre la riserva obbligatoria delle banche allo 0,5% non farà alto che aumentare il denaro in circolazione.
Nel frattempo, comunque, il Dragone, prosegue nel suo impegno di salvataggio dell’Occidente: la Banca centrale cinese ha annunciato la possibilità di creare due fondi per investire in Europa e negli Stati Uniti. Lo strumento finanziario sarà affidato alla Safe e avrà una dotazione inziale di 300 miliardi di dollari: Il fondo per gli Usa si chiamerà Hua Mei e quello per l’Europa Hua Pu.

mercoledì 7 dicembre 2011

La nuova legge sulle Ong e la disabilità in Cina

La nuova legge all’esame del governo del Guangdong sulla registrazione delle Organizzazioni non governative riaccende il dibattito sulla situazione dei disabili in Cina.

Il governo del Guandong sta esaminando una nuova legge sulle Ong, che dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1° luglio. Si riapre il dibattito sui portatori di handicap e sulla loro condizione nella società cinese: secondo alcuni, la nuova legge rappresenta un passo avanti non tanto nel campo della registrazione delle Ong, quanto nella visione che la Cina riserva ai portatori di handicap, categoria relegata ai margini del sistema sociale. Per motivi di natura culturale e politica, infatti, la società cinese ha sempre avuto una sorta di repulsione nei confronti dei i disabili che non di rado venivano tenuti chiusi in casa e discriminati. “La Cina ha sempre avuto un atteggiamento molto difficile nei confronti della malattia. Ma in questi ultimi tempi qualcosa sta cambiando: nei mesi scorsi, ad esempio, abbiamo organizzato una cena di gala per raccogliere fondi a favore dei nostri assistiti. E, per la prima volta, è stato un gruppo di cinesi a fornirci quello che ci serviva. Di solito sono gli stranieri a fare la parte principale”, ha di recente dichiararto un dipendente impiegato presso una casa famiglia per disabili a Guangzhou.
Nel dettaglio, secondo la bozza, la provincia più ricca del Dragone si prepara a eliminare la figura del “patrono governativo”, obbligatoria per tutte le Ong intenzionate a registrarsi e quindi a operare nel territorio cinese: spesso si tratta di un controllore del governo che, limitandone l’operato sociale e quindi la possibilità di contribuire a un’adeguata integrazione dei disabili nel contesto sociale, costituisce il maggiore ostacolo per le Ong.

martedì 6 dicembre 2011

Cina, la collaborazione con Marche e Umbria

La scorsa settimana, tra il 27 e il 30 novembre, alcuni imprenditori marchigiani e umbri hanno visitato Changsha e a Dalian, nell’ambito della missione economica delle due regioni in Cina.

Nell'ottobre dello scorso anno, i premier di Italia e Cina avevano stabilito di aumentare l'interscambio commerciale bilaterale e, in particolare, di portarlo a quota 80 miliardi di USD entro il 2015. Al fine di portare a compimento tale obiettivo, i due Paesi hanno cominciato ad avviare sempre più collaborazioni economico-commerciali, a livello provinciale-regionale: in quest’ambito, la collaborazione tra la Regione Marche e la Regione Umbria e le due città cinesi di Changsha (capoluogo della provincia dello Hunan) e  Dalian (nella provincia del Liaoning), assume un ruolo molto significativo.
Nel corso dell’intervista rilasciata congiuntamente ai media cinesi e a quelli italiani, in seguito alla visita nel capoluogo dello Hunan e nella città di Dalian, Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, e Luigi Rossetti, direttore dell’area Internazionalizzazione della Regione Umbria, hanno manifestato il loro apprezzamento relativamente alla collaborazione economico-commerciale avviata con le due città. Circa le caratteristiche di tale cooperazione, Spacca ha dichiarato che con la provincia dello Hunan la collaborazione riguarda prevalentemente il settore meccanico e coinvolgerà la Fiat, mentre a Changsha è previsto un rapporto di cooperazione fra Zoomlion e CIFA Italia e, infine, con Dalian la cooperazione riguarderà le aziende operanti nel settore della moda.
Il presidente Spacca ha poi invitato le Pmi a prendere parte sempre più numerose ai progetti di collaborazione con il Dragone; citando la crisi del debito europeo che sta minacciando l'Italia, ha affermato che proprio in ragione di tale situazione le piccole e medie imprese italiane devono cogliere le opportunità offerte dalla Cina, facendo però attenzione all'aspetto qualitativo della collaborazione con il colosso asiatico, per poter garantire, appunto, la qualità e i risultati ed evitarne un’espansione eccessiva a livello quantitativo.

lunedì 5 dicembre 2011

Florentia Village: una Little Italy a Pechino

Tra Pechino e la città costiera di Tianjin è arrivato il “Florentia Village”, Little Italy per i cinesi appassionati di moda italiana.

I cinesi appassionati del made in Italy possono finalmente evitare costosi viaggi in Europa per acquistare il meglio del fashion italiano e “made in Europe”, perché tra Pechino e la città costiera di Tianjin, nella cosiddetta “zona di sviluppo industriale” di Wuqing, quest’anno è stato costruito il “Florentia Village”, una Little Italy con una superficie complessiva di 60mila mq e una cittadella dello shopping di 45mila mq, piena dei simboli che evocano il Belpaese, come la ricostruzione dei vicoli di una Firenze rinascimentale, il Gran Canale affollato dalle gondole e che scorre sotto il ponte del Rialto e anche un Colosseo. Nel “villaggio” - oltre ai capi d’abbigliamento firmati Versace, Armani, Prada, Gucci, Burberry e tutto il meglio del fashion “made in Europe” - si possono trovare ristoranti internazionali, mostre ed eventi in stile europeo. Sono tra le 10mila e le 25mila le visite che il Florentia Village registra ogni giorno.
La struttura è stata inaugurata lo scorso luglio, dopo l’annuncio della sua costruzione, arrivato solo a gennaio dalla società italiana RDM Gruppo Fingen, attiva nel settore della moda e in quello immobiliare. La società intende investire un milione di dollari per la costruzione di cinque outlet in stile italiano in diverse città cinesi: si chiameranno tutti Florentia Village e contribuiranno ad “accrescere il mercato dell’outlet in Cina”, come ha dichiarato Ivano Poma, amministratore delegato del gruppo RMD Asia Ltd. Anche il progetto è italiano, infatti è stato realizzato dal gruppo Hydea, società italiana operante nei settori dell’ingegneria, dell’architettura e dell’ambiente.

giovedì 1 dicembre 2011

Cina, secondo mercato per Ferrari

Ferrari si rafforza nel periodo di crisi e aumenta le vendite all’estero, con la Cina come secondo mercato di riferimento.

Ferrari batte ogni record nei primi mesi del 2011: ricavi per 1.650 milioni, una crescita del 18,9% rispetto allo stesso periodo del 2010 e 5.165 vetture consegnate (con un trend del +12,35). Nonostante la crisi economica, quindi, il marchio di auto di lusso italiano ha conosciuto un’ascesa incredibile, grazie soprattutto all’aumento della domanda in molti Paesi esteri. Se gli USA si confermano il primo mercato di destinazione (compresi Canada e Sudamerica) con un +14,5% e 1.436 vetture consegnate, al secondo posto si trova, invece, la Cina (Taiwan e Hong Kong inclusi) con 542 auto vendute. I risultati sembrano confermare ancora una volta l’appetibilità del Dragone per quanto riguarda il settore luxury e in particolare i prodotti Made in Italy, fattore in continua ascesa nella Repubblica Popolare.
Ferrari è riuscita a conquistare i clienti di tutto il mondo grazie anche alla diversificazione delle sue attività: lo sfruttamento del canale web, tramite il negozio online e i social network, permette al marchio di avvicinarsi alle nuove generazioni e alle persone più esigenti. Meriti, comunque, vanno anche alla scelta di aumentare del 5% gli investimenti in ricerca e sviluppo e nei servizi ai dipendenti, elementi che rendono Ferrari un’azienda affidabile e in continuo rinnovamento.
Oltre al mercato cinese, inoltre, è in crescita anche il Medio Oriente, con un aumento degli acquisti di vetture del 23% rispetto allo scorso anno.