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martedì 10 gennaio 2012

Il “mercantilismo cinese” penalizza il consumo interno

Il modello di crescita adottato da Pechino nell’ultimo decennio ha generato una sovracapacità produttiva e ha indebolito il consumo interno.

In questo decennio, la crescita cinese si è basata essenzialmente sulle esportazioni e sugli investimenti in conto capitale fisso: le esportazioni sono infatti passate dal 25% del Pil circa al 42% nel 2008, con una media nel periodo superiore al 35%. Una crescita impressionante in rapporto a qualsiasi altro Paese e a qualsiasi altro periodo è stata registrata anche relativamente agli investimenti, che nel 2010 sono stati pari a circa il 45% del Pil. A causa della progressiva deindustrializzazione che ha caratterizzato l’Europa e gli Usa In questi anni, si è assistito ad un eccesso di investimenti in Cina, che, sebbene abbiano consentito di mantenere alta la crescita cinese del Pil, hanno anche contribuito a portare il Paese verso la sovracapacità produttiva: la crisi del debito nei Paesi occidentali rende lo sbocco delle esportazioni cinesi verso di essi non più incrementabile, mettendo in discussione il meccanismo cinese di crescita mediante il traino dell’export.
In seguito all’ingresso nel Wto (2001) e all’abbattimento dei dazi doganali, la crescita del Pil cinese è stata determinata per circa il 70% da questi due fattori combinati - esportazioni e investimenti - e solo per il restante 30% dalla crescita del consumo interno: si è trattato di una sorta di “mercantilismo”, in quanto il fenomeno presenta molte analogie con quello che caratterizzò l’Europa nel Settecento.
Gli analisti ritengono che il colosso asiatico necessiti quindi di modificare il proprio modello di crescita, che dovrebbe vertere maggiormente sui consumi interni.

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