Il tribunale di Shanghai ha infine condannato i quattro dirigenti della compagnia mineraria australiana Rio Tinto, accusati di corruzione e furto di segreti di stato. Dieci anni per l’australiano di origine cinese Stern Hu, general manager della società, e dai 7 ai 14 anni per gli altri tre manager di cittadinanza cinese. I quattro avrebbero ricevuto dei pagamenti personali da acciaierie cinesi per la fornitura di ferro dalla Rio Tinto, provocando così gravi perdite per le industrie cinesi del settore. La sentenza è stata definita da molti dura e sproporzionata rispetto ai reati commessi, sui quali sorgono ancora molti dubbi. C’è, infatti, chi crede che l’operazione sia dovuta al mancato investimento dell’anno scorso dell’azienda mineraria cinese Chinalco nell’impresa australiana in questione, partnership che avrebbe garantito alla Cina una stabile fornitura di ferro. La Rio Tinto, infatti, è uno dei maggiori fornitori alla Cina del metallo e vi esporta ogni anno enormi quantitativi di merce. Secondo le autorità cinesi, invece, la sentenza rappresenta la giusta conseguenza per chi non rispetta le regole del paese e vuole essere da monito per il futuro.
Sta di fatto che questa vicenda, che segue il recente caso di Google, ha contribuito ad accrescere il clima di tensione tra le imprese internazionali presenti in Cina, le quali hanno seguito con grande interesse l’evolversi del processo. Tuttavia, la Rio Tinto, che ha grandi interessi nel paese, ha dichiarato che la condanna dei suoi dirigenti non incrinerà il rapporto con la Cina.
Sta di fatto che questa vicenda, che segue il recente caso di Google, ha contribuito ad accrescere il clima di tensione tra le imprese internazionali presenti in Cina, le quali hanno seguito con grande interesse l’evolversi del processo. Tuttavia, la Rio Tinto, che ha grandi interessi nel paese, ha dichiarato che la condanna dei suoi dirigenti non incrinerà il rapporto con la Cina.
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