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lunedì 12 luglio 2010

Cresce l’export cinese: segnale positivo per l’economia globale o indice degli scarsi effetti della rivalutazione dello yuan?

A giugno, le vendite cinesi sui mercati esteri sono ammontate a 137 miliardi di dollari, il 44% rispetto allo stesso periodo del 2009. Anche le importazioni sono incrementate, segnando un aumento del 34% (117 miliardi di dollari).
La forte accelerazione registrata a giugno dalle vendite di prodotti Made in China sui mercati d’oltremare, ha permesso a Pechino d’incassare un surplus commerciale di 20 miliardi di dollari, il più elevato degli ultimi 9 mesi. Tali risultati hanno sorpreso anche gli analisti che, poco prima della pubblicazione dei dati doganali, prevedevano che in estate le esportazioni cinesi avrebbero perso spinta come conseguenza della corsa primaverile.
Nonostante le condizioni d’incertezza in cui l’economia globale continua a versare, l’andamento del commercio estero cinese rappresenta un segnale confortante per la Cina e per il resto del mondo: se il Dragone continua a vendere quantità sempre maggiori delle sue merci all’estero significa che la domanda e la capacità d’acquisto persistono. Secondo Liu Nenghua, economista di Bank of Communication “le esportazioni cinesi sono state meglio del previsto perché l’impatto della crisi debitoria europea è stato inferiore di quanto temessero i mercati”.
Tuttavia, l’incremento del surplus commerciale cinese va inevitabilmente a riaccendere il dibattito tra Washington e Pechino sul valore dello yuan. Lo scorso 21 giugno la Cina aveva nuovamente sganciato lo yuan dal dollaro. Con questa operazione la People’s Bank of China aveva di fatto ripristinato il regime di cambio, in vigore dal luglio 2005 al 2008, che prevedeva l’oscillazione quotidiana della moneta cinese in una banda compresa tra +0,5% e –0,5%. Tale provvedimento, però, non ha portato molti cambiamenti: da tre settimane a questa parte, infatti, lo yuan si è apprezzato solamente dello 0,8% nei confronti della moneta statunitense. Le modalità e i termini del ritorno di Pechino al regime valutario precedente alla crisi del 2008 indicano che la Cina non può permettersi grandi concessioni a livello valutario: la rivalutazione dello yuan, ammesso che non vi siano delle inversioni di tendenza, sarà un processo lento e graduale.

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