Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

venerdì 30 luglio 2010

Accordo nel settore elettrico tra Cina e Russia

La società elettrica cinese State Grid Corp ha recentemente firmato un importante accordo con l’operatore nazionale russo per l’energia elettrica al fine di estendere la cooperazione tra i due paesi nel campo elettrico. La cooperazione riguarderà l’ambito tecnologico, gli scambi di esperienze, la costruzione di centrali elettriche, il management, il rifornimento di materiale e la consulenza; vedrà inoltre la costruzione, da parte di entrambe le società, di una nuova centrale elettrica nell’area russa del fiume Amur, vicino al confine con la Cina. Il progetto dovrebbe partire nel 2011 mentre ancora non è stato reso noto l’ammontare degli investimenti.
La collaborazione tra Russia e Repubblica Popolare Cinese nel settore dell’energia elettrica è iniziata già nel 2009 e proseguirà sempre più intensamente nei prossimi anni, dal momento che la Cina, per sopperire alla domanda in costante crescita, soprattutto nelle aree settentrionali ed orientali del paese, dovrà aumentare le importazioni di corrente elettrica dalla Federazione Russa. Si stima, infatti, che entro la fine del 2010 il paese importerà 1 miliardo di Kwh di elettricità per un valore complessivo di 40 milioni di dollari. Cina e Russia sono i due maggiori produttori e consumatori di energia elettrica al mondo, motivo per cui la cooperazione tra i due paesi prevede, nel prossimo futuro, la creazione di una serie di elettrodotti lungo i loro confini.

giovedì 29 luglio 2010

Lieve frenata dell’economia cinese nel secondo quadrimestre 2010

Nel secondo trimestre 2010 si è registrato un aumento del PIL cinese 10,3%, un dato buono ma inferiore rispetto all’11,9% del primo trimestre; a ciò si deve aggiungere il tasso di crescita del paese che negli ultimi mesi si è attestato al 7,% contro l’11,4% precedente. Questi dati rappresentano un segnale di leggera frenata dell’economia della Repubblica Popolare Cinese, frenata che già si era intravista con il calo della produzione industriale a giugno (attestatasi al 13,7%). Nonostante ciò, le vendite al dettaglio e gli investimenti nelle aree urbane sono rimasti invariati nell’ultimo periodo e anche l’inflazione ha ripreso a diminuire. Non sono incoraggianti, invece, i dati relativi alla valuta, che, in seguito alla manovra di rivalutazione dello yuan, ha visto un apprezzamento della moneta cinese inferiore all’1% rispetto al dollaro americano.
Il Ministro del Commercio cinese, Chen Deming, ha inoltre affermato che anche il commercio del paese sta attraversando un momento di crisi, causata in particolare dalla riduzione di consumi ed investimenti delle economie europee, ma anche da segnali di rallentamento da parte di paesi come Brasile e India. Si prevede, quindi, che l’export cinese, cresciuto nel giugno scorso del 44%, calerà nell’ultimo semestre dell’anno, arrivando ad una quota pari al 16,3%. A fronte di queste previsioni il Ministro ha comunque confermato che la politica macroeconomica cinese dei prossimi mesi si concentrerà sulla stabilità economica e punterà sullo sviluppo della domanda interna, cresciuta del 17-18% negli ultimi anni.
Più ottimista il commento del rappresentante del Fondo Monetario internazionale per la Cina, Houng Lee, che in una recente intervista ha dichiarato che l’economia cinese è robusta e crescerà ancora nel corso del 2010, nonostante i segnali di rallentamento. Secondo Lee, la frenata economica registrata nel secondo quadrimestre era largamente attesa e probabilmente si registrerà ancora finché resisteranno le situazioni di incertezza locali ed internazionali.

martedì 27 luglio 2010

Nonostante gli aumenti di salario continua “la strage” dei lavoratori della Foxconn

L’ondata di suicidi degli operai di alcune fabbriche cinesi, che lo scorso giugno aveva focalizzato l’attenzione internazionale sulla situazione dei lavoratori in Cina, non si è ancora fermata.
Un giovanissimo operaio migrante, impiegato come stagista presso la taiwanese Foxconn, fabbrica che produce componenti per i-Phone e i-Pod, si è lanciato dal sesto piano del dormitorio di proprietà della Chimi Innolux Corp (società sussidiaria dell’azienda a Foshan) nella provincia meridionale del Guangdong. Nella fabbrica della Foxconn di Shenzhen, anch’essa nella provincia del Guangdong, il numero degli operai che si sono tolti la vita è salito invece a 10.
Numeri pesantissimi che, spiegano gli analisti, vanno ricercati nelle pessime condizioni di lavoro e vita degli operai: i dipendenti, infatti, per riuscire a guadagnare uno stipendio di poco superiore ai 200 euro mensili, devono lavorare 7 giorni su 7 e sono quotidianamente costretti a fare straordinari, senza nemmeno poter parlare con il vicino di lavoro.
La Foxconn, tra le aziende produttrici di componenti elettronici, è un colosso a livello mondiale, possiede 20 fabbriche in Cina e impiega più di 800 mila lavoratori; solo a Shenzhen lavorano 420 mila persone, che producono circa il 70% dei prodotti Apple, oltre a componenti per Siemens, Nokia, Sony, Hewlett-Packard, Dell e altri. Per bloccare i suicidi e gli scioperi, le fabbriche avevano concesso ai loro dipendenti un aumento di stipendio e il governo centrale aveva chiesto agli investitori di proteggere i lavoratori migranti: tali provvedimenti si sono rivelati solo blande “misure-tampone”, inefficaci per la risoluzione di un problema strettamente legato a un boom economico che il Dragone ha raggiunto a caro prezzo, sia in termini ambientali, sia in termini di diritti civili.
In un contesto lavorativo difficile come quello cinese l'imprenditore italiano deve mettere in conto le complesse normative della Cina, ma soprattutto i diritti dei lavoratori.

mercoledì 21 luglio 2010

Arrestati 3 dirigenti della Zijin Mining Group, responsabile dell’avvelenamento del fiume Ting

In Cina sono stati arrestati 3 dirigenti della Zijin Mining Group - direttore, vicedirettore e responsabile per la protezione ambientale – ditta leader per la produzione di oro e rame, con l’accusa di essere stati i responsabili di un grave inquinamento che il 3 luglio ha avvelenato una delle maggiori fonti idriche nel Fujian, il fiume Ting, provocando una moria di pesci per oltre 2.300 tonnellate.
La Zijinha ha giustificato il disastro ambientale dicendo si è trattato di un incidente causato dalle forti piogge avrebbero fatto straripare una pozza di liquami. La ditta di Shanghang ha, inoltre, assicurato di aver ripreso il controllo della situazione, ha offerto un indennizzo ai pescatori lesi e ha sospeso la produzione alla miniera.
Tuttavia gli investigatori hanno accertato che, in realtà, dalla pozza sono passati nel Ting 9.100 metri cubi di liquami attraverso “un passaggio costruito in modo illegale”. A giudicare dalla quantità gli esperti ritengono che lo sversamento di liquami nel fiume sia andato avanti per settimane. Inoltre, alcuni pescatori della contea raccontano che già in giugno il fiume ha assunto un colore scuro e che ci sono state morie di pesci.
La ditta avrebbe dovuto depurare i liquami anziché disperderli nell’ambiente. La sua posizione è resa ancor più grave in quanto il fatto è emerso solo a seguito del disastro ambientale: la ditta avrebbe volontariamente taciuto, per almeno 9 giorni, quanto stava avvenendo.Il boom economico cinese è fondato anche sullo sfruttamento indiscriminato dell’ambiente, che ha causato grave inquinamento alle fonti idriche e al suolo e spesso la polizia e le autorità locali tendono a proteggere anche le aziende cinesi responsabili di simili. Questa volta, invece, le autorità appaiono intenzionate a intervenire e il People’s Daily, portavoce ufficiale del Partito Comunista cinese, ha giudicato molto severamente l’azienda.

lunedì 19 luglio 2010

Cina, fallisce il software creato per il controllo dei computer ma la censura del web non si arresta

Per il programma software Green Dam Youth Escort - imposto da Pechino su tutti i computer venduti in Cina, per operare una censura capillare – è vicino il capolinea: le proteste pubbliche e le inefficienze del software hanno provocato il taglio dei fondi al progetto.
Secondo quanto riportato dal Beijing Times, la Beijing Dazheng Human Language Technology Academy di Pechino ha sciolto il gruppo che aveva ideato e sviluppato il software. Sempre per la mancanza di fondi a breve chiuderà anche il gruppo gemello di ricerca della Zhengzhou Jinhui Computer System Engineering nell’Henan.
Il software è stato criticato anche per la sua inefficacia: pare che non sia in grado di riconoscere i siti che dovrebbe rendere inaccessibili e che non renda abbastanza difficile il furto di dati e l’invio di messaggi non richiesti da parte dei pirati informatici.
Dal 1° luglio del 2009 tutti i computer costruiti o venduti in Cina dovevano essere dotati di questo software preinstallato per evitare che gli utenti potessero accedere a siti pornografici o violenti. Per tale provvedimento il governo è stato accusato di voler impedire l’accesso a contenuti "politicamente sensibili" quali il massacro di Tiananmen, le questioni inerenti Taiwan o il Dalai Lama. Nell’agosto 2009 Li Yizhong - ministro per industria, informazione e tecnologia – aveva stabilito che il filtro non dovesse essere obbligatorio nei computer destinati a uso privato o commerciale; infatti, il software è stato installato nei computer delle scuole scuole, degli internet café e di quelli presenti in altri luoghi di uso pubblico.
Tuttavia, nonostante il fallimento del Green Dam, la Cina prosegue con la capillare censura di siti e microblog che affrontano tematiche "politicamente sensibili". Molti Social Network sono bloccati e Google ha rinnovato il contratto con Pechino, sottoscrivendo tutte le misure di censura imposte dal governo. La scorsa settimana i servizi di aggiornamento dei contenuti di Netease, QQ, Sina, Tencent e la versione cinese di Twitter, sono stati bloccati per "manutenzione". Secondo Ye Du, uno dei più prolifici microblogger cinesi, si tratta di una strategia di censura adottata dalle autorità che, facendo sempre più fatica a controllare l’enorme mole di informazioni diffuse su internet, chiudono temporaneamente i siti per aumentare i controlli e rallentare il flusso di informazioni.
Di recente, le decine di migliaia di cyber-poliziotti che vigilano su siti e blog, hanno eliminato degli articoli in cui erano presenti foto del massacro di Tiananmen, inoltre, è stato chiuso il blog di due avvocati per i diritti umani, Liu Xiaoyuan e Teng Biao, che vi avevano pubblicato alcuni articoli sui diritti dei cittadini.

venerdì 16 luglio 2010

Gli scandali alimentari in Cina vanno attribuiti ai “conflitti d’interessi” degli organi di controllo

Dopo la scoperta di 76 tonnellate di latte in polvere contenente melamina, sequestrato nel Gansu e nel Qinghai, Su Zhi, funzionario del ministero della Salute, ha dichiarato che “con il vasto territorio e la popolazione della Cina, è davvero difficile debellare tutte le minacce alla sicurezza alimentare e mettere sotto processo tutti gli imprenditori non scrupolosi”. Inoltre, in occasione di un Forum sulla sicurezza alimentare, Su ha anche affermato che per porre rimedio al problema è necessario aumentare la vigilanza contro ogni possibile forma di adulterazione degli alimenti.
Nel settembre 2008 nel Paese esplose lo scandalo del latte in polvere per neonati contenente melamina, sostanza utilizzata nel trattamento delle materie plastiche, ma velenosa per l’uomo: a causa dell’uso di questo latte ci furono almeno 6 decessi accertati e si ammalarono più 3.000 bambini, anche gravemente.
In quel periodo lo scandalo vide coinvolte 22 ditte casearie, tra le leader del settore, il cui latte era tra i più conosciuti e utilizzati in Cina. I prodotti caseari cinesi furono banditi dagli altri Stati e furono arrestate e condannate 21 persone, di cui due alla pena di morte.
Su non ha svelato se si tratta di una partita di latte adulterato di nuova produzione o se, invece, fa parte di quello sequestrato nel 2008 e che doveva essere distrutto. In quel periodo risultò persino che la notizia del latte alla melamina, pur essendo emersa da mesi, fosse stata taciuta per non compromettere lo svolgimento e gli esiti delle Olimpiadi di Pechino. Ora i media ufficiali celebrano il “nuovo” approccio delle autorità che hanno subito dato notizia del nuovo sequestro di latte. Anche se le informazioni diffuse sono davvero minime.
I vari scandali alimentari scoppiati in Cina sono sempre stati imputati anche a un sistema di controlli inadeguato: gli esperti osservano che troppo spesso le autorità locali operano in un contesto di “conflitto di interessi” con le grandi ditte della zona e che l’unico modo per garantire un’effettiva tutela ai cittadini è quello di rendere gli organi di controllo e il sistema giudiziario indipendenti dal Partito e dal governo locale.

mercoledì 14 luglio 2010

In Cina nuovi scandali nel settore dei giocattoli

Secondo quanto riportato dal quotidiano South China Morning Post, gli industriali cinesi di giocattoli denunciano che i funzionari addetti al controllo sulla qualità accettano tangenti per effettuare controlli poco accurati. Il fenomeno è talmente diffuso che la International Council Toy Industries (Icti) Care Foundation – promotrice delle manifatture create nel rispetto di principi etici – quest’anno ha già messo sotto accusa una ventina dei suoi 145 ispettori in Cina, circa il 14%.
Nel 2007 gli Stati Uniti proibirono la vendita di giocattoli prodotti dalla nota multinazionale Mattel e di altre ditte, costruiti in Cina e rivolti a bambini in età prescolare, a causa dell’uso di vernici che contenevano un’eccessiva quantità di piombo, erano almeno 2 milioni i giocattoli non in regola. Il 31 ottobre 2007, il governo del Guangdong revocò o sospese la licenza di produzione a 764 fabbriche di giochi per problemi relativi alla qualità e ad altre 690 diede un termine “per rinnovare gli impianti e migliorare la qualità dei prodotti”.
Inoltre, anche di recente, più volte ci sono state denunce per l’impiego di lavoratori minorenni, spesso sottopagato e in ambienti di lavoro poco salutari.
Gli industriali temono che nuovi scandali possano minacciare l’andamento delle esportazioni: nel 2009 la Cina ha esportato giocattoli per 7,78 miliardi di dollari, circa il 10% meno del 2008. Inoltre, se prima degli scandali del 2007 c’erano 8.500 che esportavano giochi, attualmente ce ne sono solo circa 3.000.
Ian Anderson, vicepresidente del settore asiatico della Fondazione, in occasione di un seminario, ha dichiarato che “corruzione e denaro non sono i soli problemi. Ogni mese scopriamo casi di lavoro minorile” nelle fabbriche di giocattoli.Proprio in risposta a questi problemi fu istituito il programma Icti, con circa 2.300 fabbriche con 1,7 milioni di dipendenti che hanno aderito a standard di ambienti di lavoro sicuri e umani, programma molto apprezzato in Usa ed Europa.

lunedì 12 luglio 2010

Cresce l’export cinese: segnale positivo per l’economia globale o indice degli scarsi effetti della rivalutazione dello yuan?

A giugno, le vendite cinesi sui mercati esteri sono ammontate a 137 miliardi di dollari, il 44% rispetto allo stesso periodo del 2009. Anche le importazioni sono incrementate, segnando un aumento del 34% (117 miliardi di dollari).
La forte accelerazione registrata a giugno dalle vendite di prodotti Made in China sui mercati d’oltremare, ha permesso a Pechino d’incassare un surplus commerciale di 20 miliardi di dollari, il più elevato degli ultimi 9 mesi. Tali risultati hanno sorpreso anche gli analisti che, poco prima della pubblicazione dei dati doganali, prevedevano che in estate le esportazioni cinesi avrebbero perso spinta come conseguenza della corsa primaverile.
Nonostante le condizioni d’incertezza in cui l’economia globale continua a versare, l’andamento del commercio estero cinese rappresenta un segnale confortante per la Cina e per il resto del mondo: se il Dragone continua a vendere quantità sempre maggiori delle sue merci all’estero significa che la domanda e la capacità d’acquisto persistono. Secondo Liu Nenghua, economista di Bank of Communication “le esportazioni cinesi sono state meglio del previsto perché l’impatto della crisi debitoria europea è stato inferiore di quanto temessero i mercati”.
Tuttavia, l’incremento del surplus commerciale cinese va inevitabilmente a riaccendere il dibattito tra Washington e Pechino sul valore dello yuan. Lo scorso 21 giugno la Cina aveva nuovamente sganciato lo yuan dal dollaro. Con questa operazione la People’s Bank of China aveva di fatto ripristinato il regime di cambio, in vigore dal luglio 2005 al 2008, che prevedeva l’oscillazione quotidiana della moneta cinese in una banda compresa tra +0,5% e –0,5%. Tale provvedimento, però, non ha portato molti cambiamenti: da tre settimane a questa parte, infatti, lo yuan si è apprezzato solamente dello 0,8% nei confronti della moneta statunitense. Le modalità e i termini del ritorno di Pechino al regime valutario precedente alla crisi del 2008 indicano che la Cina non può permettersi grandi concessioni a livello valutario: la rivalutazione dello yuan, ammesso che non vi siano delle inversioni di tendenza, sarà un processo lento e graduale.

venerdì 9 luglio 2010

La Cina e la Cnc: informazione più neutrale o tentativo di controllare l’opinione pubblica all’estero?

Pechino sostiene che i media occidentali offrano rappresentazioni distorte circa quanto avviene in Cina e valuta come corrette solo le versioni dei fatti fornite dai propri media, tutti condizionati dal severo controllo delle autorità che li porta spesso ad autocensurarsi preventivamente per non rischiare la chiusura. Come si è potuto vedere attraverso la vicenda Google, anche gli operatori stranieri devono attenersi alle disposizioni del Regime.
L’agenzia di stampa cinese Xinhua, di proprietà dello stato come i principali mezzi d’informazione del Paese, il 1° luglio scorso ha lanciato il suo canale all-news in lingua inglese. Si tratta di China news network corporation (Cnc), che va in onda 24 ore su 24 e presenta parecchie similitudini con l’emittente televisiva statunitense Cnn. Dall’inizio del mese i notiziari e gli approfondimenti di Cnc sono visibili a Hong Kong, entro questa settimana potranno essere ricevuti via satellite in Asia e dal mese prossimo in tutto il mondo.
Cnc, solo nel primo anno di attività, si pone l’obiettivo di raggiungere 50 milioni di spettatori in tutto il mondo per offrire loro un servizio d’informazione più "obiettivo" circa quanto accade in Cina e a livello internazionale. In realtà il governo cinese sta affiancando al potenziamento del suo apparato militare e alla penetrazione commerciale a livello mondiale, un’offensifva mediatica e culturale: in seguito alle critiche ricevute per la gestione degli scontri in Tibet e la repressione violenta delle contestazioni che accompagnarono la marcia della torcia olimpica nel 2008, Pechino ha investito miliardi di dollari per estendere la sua influenza all’estero attraverso il potenziamento dei propri media. Proprio nell’anno delle Olimpiadi, infatti, fu lanciato il programma che avrebbe trasformato la Xinhua da agenzia di stampa a impero multimediale in grado di competere con i leader dell’informazione mondiale.

mercoledì 7 luglio 2010

La Cina investe 70 miliardi euro per lo sviluppo dell’Ovest

Il governo cinese ha varato un nuovo piano di sviluppo destinato alle regioni dell’Ovest del Paese che sono ancora sottosviluppate e rappresentano una priorità per la Cina. Per questo nuovo piano di sviluppo Pechino ha deciso di investire 70 miliardi di euro.
La Commissione per le riforme e lo sviluppo nazionale ha assicurato che il piano vedrà la luce prima della fine dell’anno. Esso prevede la realizzazione di infrastrutture del valore complessivo di 682,2 miliardi di yuan (circa 68 miliardi di euro). Sono previsti 23 progetti per la costruzione di strade, autostrade, aeroporti, miniere di carbone, centrali nucleari ed elettriche. Inoltre, verranno introdotte nuove tasse sul petrolio e sul gas naturale che verranno applicate sulla base dei prezzi di mercato e non sulla quantità prodotta e sono previste anche agevolazioni per le aziende straniere che si trovano nelle aree più disagiate: tali aziende godranno di un’esenzione dalle tasse per il primo e il secondo anno e di una riduzione del %0% per i tre anni successivi. L’obiettivo di fondo del progetto è quello di espandere e favorire la domanda interna.La “Go west policy” risale a più di venti anni fa ed è rivolta alla Mongolia interna, allo Xinjiang, al Tibet, allo Yuannan e al Sichuan. Nei prossimi dieci anni, in queste zone arretrate ma ricche di risorse energetiche, saranno concentrate industrie di importanza strategica. Inoltre, agli abitanti di tali regioni, verranno garantiti servizi pubblici efficienti e un adeguato livello di istruzione e di assistenza sanitaria affinché le loro condizioni di vita migliorino.

lunedì 5 luglio 2010

Segnali di crisi per il settore immobiliare cinese

Secondo Michael Klibaner, responsabile dell’ufficio studi della filiale cinese della prestigiosa società di consulenza Jones Lang LaSalle, i prezzi delle case cinesi sono destinati a scendere del 20%. L’analista ha evidenziato che, a differenza di quanto avviene nel mercato immobiliare anglosassone e in quello spagnolo - che negli anni recenti si sono caratterizzati per un abbondante ricorso all’indebitamento – in quello cinese gli acquisti in contanti prevalgono sulle sottoscrizioni di mutui.
Tale tesi, tuttavia, è in disaccordo con quanto previsto da Kenneth Rogoff della Harvard University, ex capo economista del Fmi: secondo lo studioso la velocità di sviluppo della Cina sarebbe eccessiva e il Paese si troverebbe ora in uno stato di “collasso della proprietà” che potrebbe colpire il sistema bancario nazionale. Gli investitori sembrano confermare tali teorie, tant’è vero che l’indice della borsa di Shanghai è sceso al livello più basso da un anno a questa parte.
Gli indici dei prezzi di vendita degli edifici in 70 città cinesi medio-grandi sono aumentati del 12,4% su base annua nel mese di maggio e a Shanghai – città benchmark in Cina – i prezzi delle nuove case, nel primo semestre di quest’anno, sono aumentati del 48% rispetto all’anno precedente. Inoltre, anche a causa delle misure governative adottate per raffreddare il mercato immobiliare, a Shanghai le vendite di nuove case sono scese del 70% negli ultimi 12 mesi: secondo Real Estate Information Services nel primo semestre del’anno sono stati venduti 3,57 milioni di metri quadrati di residenziale, mentre, un anno prima, ne erano stati venduti 8,24. Si tratta delle vendite più basse degli ultimi cinque anni.

venerdì 2 luglio 2010

La politica economica di Pechino potrebbe compromettere la ripresa del Paese

Il ritmo dell’attività manifatturiera in Cina ha subito un rallentamento: l’indice ufficiale cinese dei responsabili agli acquisti, rispetto al 53,9% di maggio, è sceso a quota 52,1 il mese scorso, segnando il secondo mese consecutivo di frenata. Anche l’indice elaborato dalla Hsbc ha evidenziato un calo e ha segnalato che si tratta del livello più basso registrato dalla primavera 2009, periodo in cui le conseguenze negative della crisi globale avevano raggiunto il loro apice.
Vi è la percezione che le misure adottate da Pechino al fine di raffreddare la bolla immobiliare e il credito bancario e, di conseguenza, per evitare un balzo dei prezzi degli asset e dei beni di consumo, possano minare la ripresa asiatica. Inoltre, Fan Janping, capo del dipartimento di previsioni economiche dello State Information Center, ha segnalato che nel quarto trimestre il tasso annuale della crescita cinese dovrebbe rallentare all’8,2%, dopo l’11,9% del primo trimestre e una stima del 10,5% nel secondo e del 9,5% nel terzo. Tali previsioni giungono proprio nel momento in cui la crescita globale sembra necessitare di un traino da parte dei Paesi emergenti, Cina in primis.
Tuttavia dal continente asiatico arriva anche qualche segnale positivo. Il rapporto Tankan della banca centrale nipponica ha segnalato che per la prima volta da due anni l’indice della fiducia delle grandi imprese ha evidenziato un segno positivo (+0.1, con un miglioramento di 15 punti rispetto a marzo). Sempre secondo il Tankan, la ripresa si sta espandendo sia relativamente ai settori industriali, sia relativamente alle dimensioni delle imprese (includendo anche le Pmi). Anche gli investimenti di capitale sembrano in fase di miglioramento.