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mercoledì 6 febbraio 2013

Il Politburo e i cambiamenti nel mondo del lavoro

Se anche gli operai meno pagati al mondo cominciano a percepire qualcosa di più, se gli americani scappano e se la forza lavoro inizia a sentire il peso della politica del figlio unico è logico che si debbano prendere delle decisioni di programmazione economica. Questo è quello che sta succedendo in Cina.

Il nuovo Politburo guidato da Xi Jinping e Li Kequiang si insedierà tra meno di un mese e con loro arriveranno anche le nuove decisioni di programmazione economica a cui sono appesi gli enormi flussi di denaro del Paese.
La stabilizzazione della crescita è l’obiettivo finale verso il quale la Cina è indirizzata. Il trend è quanto mai definito: produrre meno per produrre meglio.
Tra il 2011 e il 2012, gli stipendi si sono alzati del 25%: gli operai cinesi non sono più così economici e gli stessi americani, per ammissione stessa di Barack Obama, hanno iniziato ad abbandonare la Cina per fare ritorno in patria. Il numero di lavoratori cinesi conta oggi 930 milioni di persone; nel 2025 questa cifra declinerà al ritmo di 10 milioni all’anno con un aumento esponenziale degli anziani.
Servono dei cambiamenti. I primi interventi riguarderanno certamente gli investimenti nelle zone rurali (secondo i dati sul reddito pro capite pubblicati a gennaio 2013, i residenti delle aree urbane vivono in media con 36.469 yuan all’anno, quasi il doppio degli abitanti delle zone rurali, che arrivano a 16.476 yuan) e nel settore energetico. Il nuovo Politburo partirà da qui per cambiare il mondo del lavoro cinese.

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