È stato siglato nei giorni scorsi un importante accordo tra Canonical ed le autorità cinesi per lo sviluppo di un sistema operativo basato su Ubuntu. Perchino cerca così di allontanarsi sempre più dalle multinazionali americane.
Per Ubuntu si aprono grandi opportunità sul mercato cinese. Canonical, attraverso l’organizzazione Ubuntu Foundation, ha infatti annunciato la sigla di un accordo con il Ministero dell'Industria e dell'IT di Pechino che prevede lo sviluppo di un sistema operativo basato su Ubuntu desktop ed adattato alle esigenze del mercato locale.
Ubuntu è un sistema operativo GNU/Linux nato nel 2004, basato su Debian, che si focalizza sull'utente e sulla facilità di utilizzo.
Il nome che assumerà questo “nuovo” sistema operativo sarà Ubuntu Kylin ed una prima versione dovrebbe essere già disponibile il prossimo mese con una base software derivata da Ubuntu 13.04. Nell’accordo, l’edizione del sistema operativo presenterà, oltre ai language pack per il supporto delle lingue presenti sul territorio cinese, la distribuzione di alcuni popolari servizi di ricerca utilizzati dagli utenti cinesi quali per esempio il download di brani musicali, le mappe di Baidu, Taobao (shopping online), il supporto dei sistemi di pagamento utilizzati dagli istituti di credito cinesi, informazioni sul traffico.
L'accordo tra il Governo cinese e l’azienda del sudafricano Shuttleworth (che ha sede nell’Isola di Man) vedrà inoltre la nascita di un laboratorio comune a Pechino che guiderà lo sviluppo futuro della versione locale del sistema operativo.
Con questa mossa, Perchino cerca così di allontanarsi sempre più dalle multinazionali americane inducendo di fatto gli utenti ad allontanarsi da Microsoft Windows e passare ad un sistema operativo peraltro supportato dal governo.
mercoledì 27 marzo 2013
giovedì 21 marzo 2013
Manifatturiero cinese in ripresa
L'espansione dell'attività manifatturiera cinese ha segnato una ripresa a marzo, indicando per il primo trimestre dell'anno la tendenza ad una crescita consistente anche se non spettacolare per la seconda economia del mondo.
Migliora ancora il comparto manifatturiero cinese dopo il tentennamento visto a inizio 2013.
Stando alle stime dell’indice Pmi elaborato dalla Hsbc (dato preliminare che si basa sui responsi dell'85-90% del campione solitamente preso ad esame), a marzo l'indicatore che misura lo stato di salute della manifattura è salito a 51,7 punti rispetto al 50,4 del mese scorso. Il dato risulta comunque decisamente migliore delle attese che erano per un livello a 50,8 punti.
Il rallentamento di febbraio aveva acceso il timore, sui mercati finanziari, che l'economia cinese stesse perdendo slancio. Qu Hongbin, capo economista di HSBC Cina, ha spiegato che l'economia di Pechino sta ancora vivendo una ripresa graduale, dove la Banca Centrale cinese detiene ancora un certo margine di azione a livello di politiche accomodanti. In realtà i dati ufficiali diffusi all'inizio di marzo suggeriscono che l'economia ha iniziato il 2013 solo con una crescita tenue rispetto allo scoppiettante finale di 2012.
"L'inflazione resta perfettamente sotto controllo. Dunque, Pechino potrà mantenere un atteggiamento accomodante per sostenere il rilancio economico" ha concluso Hongbin.
Migliora ancora il comparto manifatturiero cinese dopo il tentennamento visto a inizio 2013.
Stando alle stime dell’indice Pmi elaborato dalla Hsbc (dato preliminare che si basa sui responsi dell'85-90% del campione solitamente preso ad esame), a marzo l'indicatore che misura lo stato di salute della manifattura è salito a 51,7 punti rispetto al 50,4 del mese scorso. Il dato risulta comunque decisamente migliore delle attese che erano per un livello a 50,8 punti.
Il rallentamento di febbraio aveva acceso il timore, sui mercati finanziari, che l'economia cinese stesse perdendo slancio. Qu Hongbin, capo economista di HSBC Cina, ha spiegato che l'economia di Pechino sta ancora vivendo una ripresa graduale, dove la Banca Centrale cinese detiene ancora un certo margine di azione a livello di politiche accomodanti. In realtà i dati ufficiali diffusi all'inizio di marzo suggeriscono che l'economia ha iniziato il 2013 solo con una crescita tenue rispetto allo scoppiettante finale di 2012.
"L'inflazione resta perfettamente sotto controllo. Dunque, Pechino potrà mantenere un atteggiamento accomodante per sostenere il rilancio economico" ha concluso Hongbin.
martedì 19 marzo 2013
Armi e Cina: binomio vincente
La Cina è diventata il quinto esportatore di armamenti nel 2012 con una crescita registrata attorno al 162% nel quinquennio 2008-2012. A livello mondiale, il commercio di armi è cresciuto del 17% tra gli anni 2008-2012, con gli Stati Uniti e la Russia come principali esportatori.
Secondo un rapporto pubblicato nella giornata di ieri da Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), la Cina ha sorpassato la Gran Bretagna ed è diventata nel 2012 il quinto esportatore di armamenti con il 5% del commercio mondiale di questo settore. Il commercio di armi è cresciuto del 17% tra gli anni 2008-2012, con gli Stati Uniti e la Russia come principali esportatori.
Le esportazioni di armi cinesi sono aumentate del 162% nel periodo 2008-2012, rispetto ai cinque anni precedenti. Anche grazie alla vendita di componenti non esclusivamente militari, la Cina è divenuta uno dei primi Paesi produttori anche se per certi aspetti continua a dipendere dall'estero: i motori per i suoi jet vengono per lo più importati dalla Russia, e altri componenti dalla Francia, dalla Svizzera, dal Regno Unito e dalla Germania.
Il direttore del Sipri, Paul Holtom, afferma che: “Gli acquisti delle armi cinesi da parte del Pakistan hanno trainato la crescita delle esportazioni cinesi”. Tra i principali clienti di Pechino, il Pakistan raccoglie infatti il 55% delle armi.
Nella mattinata odierna, Pechino ha risposto al dossier Sipri, per bocca della portavoce degli esteri Hong Lei. "La Cina ha sempre adottato un atteggiamento prudente e responsabile nell'esportazione delle armi", si legge in un comunicato diffuso dalla Xinhua. "La Cina dà piena attuazione ai vincoli imposti dalle leggi internazionali, dalle risoluzioni delle Nazioni Unite alle normative interne".
Secondo un rapporto pubblicato nella giornata di ieri da Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), la Cina ha sorpassato la Gran Bretagna ed è diventata nel 2012 il quinto esportatore di armamenti con il 5% del commercio mondiale di questo settore. Il commercio di armi è cresciuto del 17% tra gli anni 2008-2012, con gli Stati Uniti e la Russia come principali esportatori.
Le esportazioni di armi cinesi sono aumentate del 162% nel periodo 2008-2012, rispetto ai cinque anni precedenti. Anche grazie alla vendita di componenti non esclusivamente militari, la Cina è divenuta uno dei primi Paesi produttori anche se per certi aspetti continua a dipendere dall'estero: i motori per i suoi jet vengono per lo più importati dalla Russia, e altri componenti dalla Francia, dalla Svizzera, dal Regno Unito e dalla Germania.
Il direttore del Sipri, Paul Holtom, afferma che: “Gli acquisti delle armi cinesi da parte del Pakistan hanno trainato la crescita delle esportazioni cinesi”. Tra i principali clienti di Pechino, il Pakistan raccoglie infatti il 55% delle armi.
Nella mattinata odierna, Pechino ha risposto al dossier Sipri, per bocca della portavoce degli esteri Hong Lei. "La Cina ha sempre adottato un atteggiamento prudente e responsabile nell'esportazione delle armi", si legge in un comunicato diffuso dalla Xinhua. "La Cina dà piena attuazione ai vincoli imposti dalle leggi internazionali, dalle risoluzioni delle Nazioni Unite alle normative interne".
giovedì 14 marzo 2013
Xi Jinping nuovo Presidente
La Cina ha concluso il suo ricambio al vertice del regime. Il segretario generale del Partito comunista cinese è stato eletto dall'Assemblea nazionale del popolo, il Parlamento di Pechino. Xi Jinping, unico candidato, è quindi il nuovo presidente.
2952 voti su 2956 scrutinati, un solo contrario e tre astenuti. Con il al 99.86% dei consensi, Xi Jinping è stato eletto come nuovo presidente della Repubblica popolare cinese. Il Parlamento ha così un nuovo Presidente; con questa votazione viene messa la parola fine alla transizione dei poteri cominciata quattro mesi fa con la nomina dello stesso Jinping alla guida del Partito.
Come vicepresidente è stato eletto con 2.839 sì e 80 no Li Yuanchao, un riformista escluso a novembre dal Politburo. A sorpresa non è stato eletto il favoritissimo della vigilia, Liu Yunshan. Il nuovo primo ministro sarà Li Keqiang, 58 anni, che prenderà il posto di Wen Jiabao come premier e gestirà l'economia e l'attività giornaliera del governo.
Con l’insediamento di Xi Jinping la Cina si aspetta ora una fervente lotta alla corruzione, un ritorno alla frugalità dei costumi e una forte sburocratizzazione.
Il Congresso del Popolo, il parlamento cinese, voterà le nomine già oggi 14 marzo.
2952 voti su 2956 scrutinati, un solo contrario e tre astenuti. Con il al 99.86% dei consensi, Xi Jinping è stato eletto come nuovo presidente della Repubblica popolare cinese. Il Parlamento ha così un nuovo Presidente; con questa votazione viene messa la parola fine alla transizione dei poteri cominciata quattro mesi fa con la nomina dello stesso Jinping alla guida del Partito.
Come vicepresidente è stato eletto con 2.839 sì e 80 no Li Yuanchao, un riformista escluso a novembre dal Politburo. A sorpresa non è stato eletto il favoritissimo della vigilia, Liu Yunshan. Il nuovo primo ministro sarà Li Keqiang, 58 anni, che prenderà il posto di Wen Jiabao come premier e gestirà l'economia e l'attività giornaliera del governo.
Con l’insediamento di Xi Jinping la Cina si aspetta ora una fervente lotta alla corruzione, un ritorno alla frugalità dei costumi e una forte sburocratizzazione.
Il Congresso del Popolo, il parlamento cinese, voterà le nomine già oggi 14 marzo.
martedì 12 marzo 2013
Febbraio porta un aumento dell’inflazione
Lo scorso mese l’inflazione in Cina è salita del 3,2% rispetto allo stesso periodo calcolato nel 2012. Particolare aumento è stato registrato per gli alimentari. Contemporaneamente la produzione industriale rallenta il passo.
Secondo le ultime statistiche pubblicate in questo fine settimana, nel mese di febbraio, l’inflazione cinese è salita del 3,2% rispetto all’anno precedente e gli alimentari sono cresciuti del 6%, mettendo a segno il maggior incremento da aprile.
Un aumento fisiologico secondo gli analisti, anche sulla scia delle festività del capodanno lunare, periodo durante il quale i prezzi (soprattutto dei cibi) balzano per effetto di un picco dei consumi.
Contenere l’inflazione rimane una delle priorità della Cina. Dopo il rallentamento della crescita nell’ultimo anno, al 7,8%, negli ultimi mesi il Paese ha messo in campo una serie di misure espansive.
Contemporaneamente, la produzione industriale ha rallentato il passo mostrando, a gennaio e febbraio, con un aumento del 9,9% rispetto al +10,3% messo a segno alla fine del 2012.
Wen Jiabao, nel suo ultimo discorso nelle vesti di premier prima del ricambio al vertice, ha lanciato un monito: se non verranno controllati i prezzi, si rischia di superare il target del 3,5%.
Secondo le ultime statistiche pubblicate in questo fine settimana, nel mese di febbraio, l’inflazione cinese è salita del 3,2% rispetto all’anno precedente e gli alimentari sono cresciuti del 6%, mettendo a segno il maggior incremento da aprile.
Un aumento fisiologico secondo gli analisti, anche sulla scia delle festività del capodanno lunare, periodo durante il quale i prezzi (soprattutto dei cibi) balzano per effetto di un picco dei consumi.
Contenere l’inflazione rimane una delle priorità della Cina. Dopo il rallentamento della crescita nell’ultimo anno, al 7,8%, negli ultimi mesi il Paese ha messo in campo una serie di misure espansive.
Contemporaneamente, la produzione industriale ha rallentato il passo mostrando, a gennaio e febbraio, con un aumento del 9,9% rispetto al +10,3% messo a segno alla fine del 2012.
Wen Jiabao, nel suo ultimo discorso nelle vesti di premier prima del ricambio al vertice, ha lanciato un monito: se non verranno controllati i prezzi, si rischia di superare il target del 3,5%.
mercoledì 6 marzo 2013
220 punti vendita cinesi per Morellato
“Ad aprile arriveremo a 220 punti vendita Morellato. Poi il piano di opening prosegue per raggiungere quota 310 entro la fine del 2013” afferma Massimo Carraro di Morellato Group.
Morellato punta deciso sull’ampliamento della propria attività in Cina. Il gruppo italiano, presente nel Paese dal 2005 e che dal 2010 può contare sulla Morellato Shanghai, ha un’area in forte espansione nel Medio Oriente, dove il brand made in Italy ha vetrine importanti a Dubai, in Kuwait, Arabia Saudita e Iran.
“Ad aprile arriveremo a 220 punti vendita Morellato. Poi il piano di opening prosegue per raggiungere quota 310 entro la fine del 2013” afferma Massimo Carraro di Morellato Group.
A oggi il network distributivo si compone di 200 punti vendita monomarca sparsi tra Europa, Americhe, Middle East e Greater China, oltre a 4.000 selezionati multibrand in tutto il mondo.
Morellato Group ad oggi controlla nove società operative basate nei mercati strategici di riferimento: Hong Kong, Shanghai, Barcellona, Stoccarda, Lione, New York, Dubai, Lugano e Mumbay. Un’espansione internazionale che ha portato al 40% la quota dell’estero sul totale del giro d’affari di gruppo.
Mentre molti marchi sono alle prese con tagli negli investimenti pubblicitari, Morellato ha recentemente investito 4 milioni di euro nel primo semestre dell'anno proprio in questo settore.
Morellato punta deciso sull’ampliamento della propria attività in Cina. Il gruppo italiano, presente nel Paese dal 2005 e che dal 2010 può contare sulla Morellato Shanghai, ha un’area in forte espansione nel Medio Oriente, dove il brand made in Italy ha vetrine importanti a Dubai, in Kuwait, Arabia Saudita e Iran.
“Ad aprile arriveremo a 220 punti vendita Morellato. Poi il piano di opening prosegue per raggiungere quota 310 entro la fine del 2013” afferma Massimo Carraro di Morellato Group.
A oggi il network distributivo si compone di 200 punti vendita monomarca sparsi tra Europa, Americhe, Middle East e Greater China, oltre a 4.000 selezionati multibrand in tutto il mondo.
Morellato Group ad oggi controlla nove società operative basate nei mercati strategici di riferimento: Hong Kong, Shanghai, Barcellona, Stoccarda, Lione, New York, Dubai, Lugano e Mumbay. Un’espansione internazionale che ha portato al 40% la quota dell’estero sul totale del giro d’affari di gruppo.
Mentre molti marchi sono alle prese con tagli negli investimenti pubblicitari, Morellato ha recentemente investito 4 milioni di euro nel primo semestre dell'anno proprio in questo settore.
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